lunedì 3 marzo 2014

Marx

Vita
Nasce a Treviri nel 1818 da famiglia ebraica (lui però fu sempre agnostico);
1835-1836 frequenta la facoltà di giurisprudenza a Bonn e poi a Berlino;
entra in contatto con la "gioventù hegeliana" e ne studia a fondo il pensiero;
da giurisprudenza passa a filosofia e si laurea a Jena (tesi su Democrito ed Epicuro);
si dedicò al giornalismo politico;
si trasferisce a Parigi dopo l'interdizione;
1843 scrive "Critica alla filosofia di Hegel";
1844 scrive "Annali franco-tedeschi";
viene espulso dalla Francia su richiesta del governo prussiano.
Va a Bruxelles ed entra in contatto con Engels con cui scrive "La sacra famiglia";
1845-1846 scrive "Tesi su Feuerbach" e "L'ideologia tedesca".
1847 si tiene a Londra il primo congresso della Lega dei Comunisti ma Marx non vi può partecipare, ci sarà solo Engels.
1847 viene affidato a Marx l'incarico di scrivere un manifesto politico sul comunismo;
1848, scritto a due mani con Engels, esce "Il Manifesto del Partito Comunista".
Marx viene subito e di nuovo espulso dalla Germania;
va a vivere a Londra dove scrive e dove starà sotto l'egida di Engels;
1851 si ritira dal mondo politico e lavora al British Museum;
1864 viene fondata l'Associazione Internazionale dei Lavoratori di cui Marx entra a far parte.
1866 inizia il primo libro del Capitale, pubblicato ad Amburgo nel 1867, gli altri volumi (il secondo ed il terzo) saranno pubblicati da Engels, a cui toccherà la decifrazione dei manoscritti (pubblicazione postuma 1885/1894).
Ha ispirato intere generazioni di rivoluzionari!

Concetti
1. Misticismo Logico: è l'accusa che Marx rivolge al metodo di Hegel; Hegel ha sbagliato nell'aver costruito il concetto di spirito partendo dalla realtà concreta, poiché così agendo ha fatto della realtà una manifestazione necessaria dello spirito. Marx afferma che questo è un giustificazionismo speculativo e politico.
2. Uso della Dialettica: riprende questo modo di filosofare da Hegel; la dialettica di Marx è composta da una serie di momenti intercollegati e da un insieme di contraddizioni negative da sviluppare. La dialettica è un metodo d'indagine sulla realtà studiata come totalità in divenire.
3. Alienazione: la prima apparizione di questo concetto fondamentale è nell'opera "Manoscritti economico-filosofici" (Parigi 1844). Costituiscono il primo approccio all'economia politica. L'argomento di base è l'economia borghese come espressione della società capitalistica e, allo stesso tempo, come immagine globalmente mistificata del mondo borghese.
L'economia politica contemporanea non riesce a leggere la struttura contraddittoria del proprio oggetto di studi, ossia la conflittualità esistente tra Capitale e Lavoro salariato. Questa contraddizione Marx la chiama alienazione.
In filosofia il termine venne usato da:
a. Rousseau e significava cessione dei diritti individuali a favore della comunità;
b Hegel e significava dialettica propria dello Spirito, il quale si perde nella natura e nell'oggetto per poi ri-appropriarsi di sé in modo arricchito;
Marx, invece, tiene presente la lezione di Feuerbach che aveva descritto l'oggettivazione religiosa in termini di scissione e di dipendenza (l'uomo che, scindendosi, proietta fuori di sé un Dio al quale si sottomette). L'alienazione è, in definitiva, la situazione storica dell'operaio nella società del Capitale in cui il salariato è scisso e separato dal prodotto della sua attività ma, al medesimo tempo, dipendente e alla mercé di una potenza che egli stesso produce e non conosce.
L'alienazione è conseguenza del male della società più grande della società: la proprietà privata.
La dis-alienazione sarà, quindi, la base del comunismo.
Per Marx esiste, in ogni caso, anche una alienazione di tipo religioso:
la religione è l'oppio dei popoli significa che la religione è la consolazione illusoria delle masse.

Le opere nello specifico.

L'IDEOLOGIA TEDESCA 1845-1846 (BRUXELLES)
L'argomento del testo è cogliere il movimento reale della storia al di là delle rappresentazione ideologiche che non hanno svelato le strutture effettive e le vere forze motrici.
Per ideologia si intende la falsa rappresentazione della realtà.
Il programma di Marx è di distruggere tutte le ideologie filosofiche, politiche e religiose.
Per arrivare alla vera storia c'è bisogno di produrre l'esistenza in modo sociale:
da una parte bisogna analizzare le forze produttive, ovvero gli uomini che producono la forza-lavoro, i mezzi, le conoscenze tecniche e scientifiche; dall'altro lato bisogna comprendere i rapporti di produzione, i rapporti di proprietà che stanno alla base dell'economia.
L'economia è il piedistallo delle sovrastrutture, è la struttura delle sovrastrutture, è lo scheletro su cui si innalzano le sovrastrutture (arte, politica, religione, filosofia...ec..)
L'intento di Marx è di concepire materialisticamente la storia: l'unico fattore determinante della storia, dell'accadere, è l'economia.
Quindi la storia così concepita avrà delle basi molto solide (si reggerà sui piedi e non sulla testa):
I PIEDI DELLA STORIA (la struttura economica con tutti i suoi modi di produzione, somma di forze produttive e rapporti di produzione) DETERMINANO LA TESTA DELLA STORIA (l'insieme delle leggi, l'etica, religioni ecc). Si tratta di una dialettica che parte dai piedi e non dalla testa!

IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA (1848)
1. Analisi della funzione storica della Borghesia a partire dall'analisi di tutte le classi sociali: le classi si definiscono in base alle proprietà dei mezzi di produzione;
2. Sviluppo del concetto di storia come "lotta di classe" e dei concetti riguardanti proletari e comunisti: la lotta di classe è la forza motrice della storia che porterà inevitabilmente tutte le nazioni al comunismo (comunismo che una volta raggiunto non avrà più bisogno di classi e di lotte di classe);
3. Critica ai socialismi non scientifici: sono di tre tipi, reazionario, borghese, critico-utopistico. La scientificità del comunismo è data da a) autoemancipazione del proletariato b) necessità storica del tramonto del capitalismo ecc) utilizzo della scienza economica come metodo di analisi storica.

IL CAPITALE
Gli argomenti di discussione sono:
1. il metodo storicistico-dialettico;
2. l'accettazione che non possono esistere leggi universali in economia;
3. la comprensione che la borghesia è una struttura sociale molto controversa;
4. lo studio del capitalismo a partire dalle basi per astrarre gli aspetti secondari.

Il capitalismo si basa su due assunti:
La merce: immane raccolta di merci che ha un valore d'uso e di scambio;
Il valore: il lavoro e la quantità di lavoro socialmente necessaria per produrre la merce.

Il ciclo della società capitalistica è il seguente: DENARO- MERCE- PIÙ VALORE (PLUS-VALORE) ed ha come presupposto l'incremento del denaro e la produzione del PLUS-VALORE (spesso simboleggiato da D+).
Il capitale consta di capitale costante (CC): il capitale investito nei mezzi; e di capitale variabile (CV): il capitale investito nei salari.
Il profitto si calcola dal rapporto fra plus-valore e somma del capitale variabile e capitale costante: D+ : CV+CC

Dire che le merci hanno valore di per sé, dimenticando il lavoro che c'è sotto e affermando che i rapporti economici sono fra le cose e non fra gli uomini, significa fare feticismo delle merci.
Il plus-valore è lo sfruttamento.
Con la rivoluzione il proletariato si impadronirà del potere politico e avvierà il comunismo (dittatura del proletariato, considerata come fase media tra borghesia e società comunista vera e propria).
Il comunismo avrà due fasi: nella prima vigerà il principio secondo il quale a ciascuno sia dato ciò che gli spetta dal lavoro che svolge; nella seconda fase vigerà il principio secondo cui si prenderà da ciascuno in base alle capacità e si offrirà il giusto compenso in base alle necessità.


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FEUERBACH L'ATEO

Feurbach fu figura di rilievo della Sinistra Hegeliana (http://it.wikipedia.org/wiki/Sinistra_hegeliana).

Fu scolaro di Hegel a Berlino; divenne libero docente a Erlangen (la sua carriera si interruppe presto a causa del suo pensiero anti religioso).
Le opere fondamentali sono L'essenza del Cristianesimo e L'essenza della religione.

Il pensiero di Feuerbac si basa sulla volontà di smascherare l'idealismo: l'equivoco di fondo dell'idealismo è quello di fare del concreto un predicato o un attributo dell'astratto anziché fare dell'astratto un predicato del concreto. Il pensiero deriva dall'essere e non il contrario.
Dio è una creazione dell'uomo in quanto proiezione illusoria di qualità perfette dell'uomo. Quindi la categoria di divino è la generalizzazione della categoria di umano (Dio è l'umano in generale).
La religione, quindi, è solo un insieme di rapporti dell'uomo con sé stesso, o meglio con il proprio essere visto come altro essere. Il mistero di Dio e della teologia è risolvibile con lo studio dell'uomo (con l'antropologia).
Cos'è Dio per Feuerbach?
1. Dio è il derivato dell'onnipotenza umana (primordiale e primitiva);
2. Dio è desiderio che si innesta tra volontà e potere;
3. Dio è sentimento di dipendenza nei confronti della natura.

La religione è, perciò, una forma di alienazione, stato patologico per cui l'uomo, scindendosi, proietta fuori di sé una potenza superiore alla quale si sottomette.
Più poni Dio più togli te stesso.
Fare il divino significa impoverire l'umano.
Come risolvo il problema? Con l'ateismo.
Ateismo: si configura come atto di onestà e come dovere morale; è giunto il tempo che l'uomo recuperi in sé i predicati positivi che ha alienato in Dio. Il soggetto delle religioni (Dio) deve tornare ad essere predicato (quindi lasciar perdere la formula: DIO HA CREATO L'UOMO; assumere la formula: L'UOMO HA CREATO DIO).



la critica ad Hegel
L'hegelismo, secondo Feuerbac, è una teologia mascherata, una teologia razionalizzata: lo Spirito e l'Idea sono appellativi del Dio biblico, che altro non è se non un fantasma di noi stessi, il frutto di una astrazione alienante.


l'ultimo Feuerbach
Nell'ultima fase del suo pensiero Feuerbach teorizza la filosofia dell'avvenire sotto forma di Umanismo Naturalistico:

Umanismo: l'uomo è l'oggetto e lo scopo del discorso;
Naturalistico: fare della Natura la realtà primaria da cui tutto dipende, compreso l'uomo.
L'uomo è un essere che vive, che dipende da bisogni e desideri: è di carne e di sangue, è condizionato dal corpo e dalla sensibilità, dove la sensibilità si lega all'amore che è passione fondamentale e che fa tutt'uno con la vita.
Se uomo è bisogno, sensibilità e amore, allora l'uomo ha necessità dell'altro: L'IO NON PUÒ STARE SENZA IL TU: la comunione dell'uomo è il primo principio e il primo criterio della validità universale.




teoria degli alimenti
L'uomo è ciò che mangia
Cosa significa?
1. che esiste una unità psico-fisica dell'individuo;
2. che le condizioni spirituali di un popolo vanno di pari passo con le condizioni materiali.





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Schopenhauer

La vita del filosofo:
Nasce a Danzica nel 1788
Viaggia molto nella sua vita.
Studia presso l'università di Gottinga.
La sua formazione universitaria: Platone e Kant.
Conobbe Fichte.
Scrisse su Goethe, suo amico.
La sua opera principale è:

Il Mondo come Volontà e Rappresentazione, pubblicata nel Dicembre del 1818.
Viaggia a Roma e a Napoli (come era uso presso gli studiosi dell'epoca: Grand Tour)
Riceve l'abilitazione per la libera docenza a Berlino (in ogni caso fu un docente dal poco successo, molto mediocre; si racconta che alle sue lezioni non partecipava mai nessuno)
Muore nel 1861.
Solo dopo il 1848, in concomitanza con l'ondata di pessimismo che invase l'Europa, inizio la fortuna letteraria di Schopenhauer.


IL PENSIERO
Schopenhauer riprende i motivi e le teorie di filosofi e correnti precedenti.


da Platone: le idee eterne che non partecipano della caducità del nostro mondo;
da Kant: l'impostazione soggettivistica della teoria del conoscere;
dall'Illuminismo: la considerazione della vita psichica e della vita sensoriale come fatto fisiologico e nervoso;
da Voltaire: lo stile ironici e brillante;
dal Romanticismo: l'irrazionalismo, l'infinito, l'importanza dell'arte e delle musica, il concetto di dolore;
dalle filosofie indiane: il concetto di Sapienza (viene a conoscenza delle filosofie orientali grazie a Frederich Mayer).

Il mondo come Volontà e Rappresentazione; in questa opera Schopenhauer ci dice che il nostro mondo è composto da:

1. Fenomeno, che è la parvenza, l'illusione, il velo di Maya (metafora che riprende dai testi sacri Veda e Purana);

2. Cosa in sé, ovvero tutto ciò che c'è da scoprire, il noumeno.

Analizziamo il titolo dell'opera:

Volontà: è il mezzo attraverso il quale io accedo alla cosa in sé, con mille sforzi e mille dolori fisici forse riesco a tirar via un pezzetto di quel velo. È chiamata, anche, volontà di vivere, ed è la radice dell'Io, l'essenza di tutte le cose.
Essa è inconscia (formata dall'impulso dell'energia vitale), è unica (al di fuori dello spazio e del tempo), è incausata e senza scopo (forza libera e cieca che ha, come sua unica meta, solo sé stessa). Essa si concretizza in archetipi (in tutto e per tutto simili alle idee eterne di Platone) di cui l'uomo conserva solo delle foto sbiadite ed edulcorate (l'uomo, per questo motivo, è considerato un animale malaticcio)

Rappresentazione: nella sua illusorietà, il Mondo, ci propone una divisione di compiti, da una parte vi è il soggetto rappresentante che tutto conosce senza essere conosciuto, dall'altra l'oggetto rappresentato che è ciò che viene conosciuto.

Ma tutto ciò non è sopportabile per Schopenhauer!
Perché ciò che conosciamo è falso e la volontà è labile!
Il corpo, inoltre, è d'ingombro: manifesto vivente dei nostri insaziabili desideri.
Quindi la vita diventa pura sofferenza poiché volere è desiderare, il desiderio è assenza e l'assenza è dolore estremo.
L'uomo vive in una insoddisfazione perenne: un desiderio appagato non è mai pieno, è elemosina gettata al mendicante che prolunga oggi la sua vita per continuare domani la sofferenza.
Il piacere si configura come cessazione momentanea del dolore, quindi sembra proprio che sia una funzione del dolore stesso.
Alla possibilità di scelta minima (dolore o meno dolore) vi è una terza via (forse ancor più drammatica), si chiama noia:

la vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando attraverso l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia.

Si tratta della concettualizzazione del pessimismo cosmico: il dolore investe ogni cosa e l'uomo non soffre di più, ne è solo molto più consapevole ( più sai più soffri).
La volontà di vivere è il male del mondo, può anche esser chiamata amore, lo stimolo più forte alla vita, e ha a che fare con l'accoppiamento. Non c'è amore senza sessualità: esso porta con sé la connotazione della vergogna e dell'osceno perché ha, come fine ultimo, la messa al mondo di altre creature destinate a soffrire.

Come mi libero dal dolore?
Schopenhauer è contro il suicidio: esso è un atto di forte affermazione della volontà stessa (che invece voglio eludere) che non nega la volontà ma solo la vita, fa perire il corpo (la rappresentazione) e non il noumeno (la volontà).

allora esistono altri sollievi a tuuto ciò:

a. ARTE essa è conoscenza libera e disinteressata che si rivolge direttamente alle idee; è catartica poiché ci fa contemplare la vita ponendoci al di sopra della volontà, del dolore e del tempo.
b. MUSICA è l'arte suprema, la più immediata anche se effimera.
c. PIETÀ questa vita ci impone di prenderci cura del prossimo, consigliandoci, così, di tentare il superamento dell'egoismo. Ogni comportamento (etico) sgorga da questo sentimento nobile: io avverto come mie le sofferenze altrui. Nelle Upanishad esiste la sacra formula TA TWAN ASI che significa questo vivente sei tu. La pietà, se viene indirizzata alle migliori azioni, ci conduce a due virtù: la giustizia e la carità (in greco agape e che Schopenhauer intende come il vero ed unico amore).
d. ASCESI è quell'esperienza per la quale l'individuo cessa di volere la vita e il volere stesso, proponendosi di eliminare il desiderio di esistere, di godere e di volere. La via per l'ascesi è dura e comprende tre passi: la castità perfetta, la povertà, il sacrificio e l'automacerazione. Non bisogna considerare l'ascesi di cui parla Schopenhauer come ascesi cristiana, ma come desiderio di raggiungere il nirvana: l'esperienza del nulla e la negazione del mondo; il nirvana è tutto, è niente, è oceano di pace.



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mercoledì 6 novembre 2013

UN PUNTO FISSO NELLA STORIA: LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO 1807

La Fenomenologia dello Spirito, opera del 1807.
È la storia romanzata della coscienza che attraverso erramenti, contrasti, scissioni e, quindi, infelicità e dolore, esce dalla sua individualità, raggiunge l'universalità e si riconosce come ragione che è realtà e come realtà che è ragione.
Il ciclo della fenomenologia viene descritto, principalmente, con la figura della coscienza infelice, quella coscienza che non sa di essere tutta la realtà e che, quindi, si trova scissa in differenza, opposizioni, conflitti dai quali può uscire solo comprendendosi come coscienza del tutto.

La prima parte della fenomenologia divide tre momenti dello sviluppo:
la tesi si concentra sull'oggettività e quindi riflette sulla Coscienza; l'antitesi pone l'attenzione sulla soggettività e sull'Autocoscienza; la sintesi, invece, parlando della Ragione, propone una riflessione sull'unione di oggetto e soggetto.

Entriamo nello specifico:
1. Tesi: Coscienza.
La coscienza ha tre momenti evolutivi: la certezza sensibile (si tratta di una certezza ricca e sicura, di una certezza del questo qui ora) in cui l'io si vede come generico. Il secondo momento è la percezione, quel passo evolutivo durante il quale l'io stabilisce un contatto unificante con l'oggetto e inizia a sentirsi come pensante. L'ulimo momento della coscienza è l'intelletto, ovvero quando la soggettività si fa carico dell'unità e riesce a vedersi e a vedere l'oggetto solo come fenomeno.

2. Antitesi: Autocoscienza.
L'attenzione si sposta dall'oggetto al soggetto.
Hegel per spiegarci i momenti evolutivi dell'autocoscienza si avvale di tre figure:

A. SIGNORIA E SERVITÙ: l'autocoscienza presuppone la presenza di altre autocoscienze che danno certezza (e certezza d'esistenza). L'uomo è autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da altre autocoscienze. L'autocoscienza è appagata solo in un'altra autocoscienza. Ma il Riconoscimento è un travaglio: prima le autocoscienze vengono separate poi, drammaticamente, spendono tutto il loro tempo a cercarsi e a ritrovarsi. Spesso il Riconoscimento passa attraverso scontri e lotte poiché ogni autocoscienza farebbe carte false per affermarsi come indipendente. Il bello di questa guerra è che non si conclude mai con la morte di una delle due perché il conflitto confluisce in un rapporto di subordinazione, quella che esiste tra PADRONE E SERVO.
Il padrone è colui che ha rischiato la vita per la sua indipendenza, il servo è colui che ha rinunciato all'indipendenza per aver salva la vita.
Sono due punti di vista differenti. La scelta dell'uno o dell'altro.
Eppure il servo, che ha preferito la schiavitù alla morte, che ha fatto una scelta per la vita (al contrario del padrone che si è gettato nelle braccia della morte pur di averla vinta), proprio il servo è colui che ha vinto in lungimiranza: egli ha avuto paura della morte, preferendo la vita all'indipendenza (una scelta vile, opinabile?), si è messo al servizio (procrastinando il suo desiderio di riconoscimento) e ha lavorato, imprimendo indipendenza a ciò che fa e a cui dà forma.

B. STOICISMO E SCETTICISMO: per Hegel dalla schiavitù si esce solo grazie all'esercizio del pensiero. Lo stoicismo si configura come libertà che torna nella pura universalità di pensiero astratto. La troppa astrazione, lo sappiamo, in Hegel porta all'impoverimento, quindi il miraggio stoico della libertà si svuota completamente. Gli scettici non sono da meno: il pensiero astratto si estremizza e si stacca completamente dal mondo, fino a negarlo. Il pensare l'assoluto diventa, sì, un pensare perfetto ma che annienta l'essere del mondo determinato dal molteplice.

C. COSCIENZA INFELICE: abbiamo già detto cosa è; la coscienza che non sa di essere il tutto è sia transmutabile (umana) sia intransmutabile (divina), il problema è che non lo comprende. Il culmine di questa figura, divisa internamente, è l'ascetismo, quella pratica filosofica che vuole la liberazione dalla carne per arrivare all'unificazione con l'Assoluto.

3. Sintesi: Ragione.
Ha tre forma: ragione osservativa, ragione attiva e individualità in sé e per sé.
La ragione osservativa osserva: la natura, l'autocoscienza in purezza, l'autocoscienza nella sua effettualità immediata.
La ragione attiva contempla il piacere e le necessità, le leggi del cuore e i deliri della presunzione, la virtù e il corso del mondo.
L'individualità in sé e per sé ha come argomenti di riflessione il regno animale dello Spirito (Spirito=uomo), la ragione legislatrice e la ragione che si occupa di esaminare le leggi.

La seconda parte della fenomenologia ha tre sezioni, SPIRITO-RELIGIONE-SAPERE ASSOLUTO che torneranno a farsi sentire nella Filosofia della Spirito di Hegel.




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IDEA NATURA E SPIRITO

 L'Assoluto è il fondamento del divenire e la legge che lo regola è la dialettica: essa è sia una legge ontologica di sviluppo della realtà sia una legge logica di comprensione della realtà.
Ma l'Assoluto dovrà farsi dinamico affinché venga risolto nel Finito.
In che modo l'Assoluto si fa dinamico?
Grazie ai tre momenti dialettici.
La Dialettica in Hegel è sia legge dello sviluppo della realtà sia legge della comprensione della medesima e consiste di affermazione o posizione di un concetto astratto e limitato (tesi), di negazione di questo concetto come alcunché di limitato e di finito e nel passaggio ad un concetto opposto (antitesi), di unificazione della precedente affermazione e negazione in un qualcosa di nuovo comprensivo di entrambe (sintesi).

In Hegel troveremo sempre questo andamento triadico; sin dall'inizio del suo lavoro sistematico ci spiega che tutto ruoterà intorno alla Dialettica.
È bene tenere a memoria il seguente passaggio che tornerà di continuo in tutte le tripartizioni:


Tesi
l'idea è in sé e per sé

Antitesi
l'idea è posta fuori di sé

Sintesi
l'idea torna in sé


Che cosa significa?

La tesi << l'idea è in sé e per sé >> significa che l'idea pura (anche chiamata Dio) è così perché sta prima di ogni creazione naturale o spirituale; è l'Assoluto che non crea il mondo ma è il mondo.

L'antitesi << l'idea è fuori di sé >> significa che stiamo parlando della Natura, ovvero dell'estrinsecazione e dell'alienazione dell'idea nel suo essere altro.

La sintesi (l'AUFHEBUNG) << l'idea torna in sé >> è l'idea che dopo essersi fatta natura torna nell'uomo.

LA DIALETTICA VA INTESA IN MODO IDEALE E MAI CRONOLOGICO (O LOGICO): nella vita quotidiana sappiamo che il primo momento è la sintesi (l'uomo), il secondo l'antitesi (la natura) e l'ultimo la tesi (Dio).

Ai tre momenti dialettici corrispondono tre parti della filosofia:
alla tesi la Logica che è la scienza dell'idea in sé e per sé, ovvero quella scienza che si occupa del suo essere implicito (in sé) e del suo graduale esplicarsi (per sé) a prescindere dalla concretizzazione nel mondo.
All'antitesi corrisponde la Filosofia della Natura che è la scienza dell'idea che si aliena, diviene altro: alla sintesi viene associata la Filosofia dello Spirito, la scienza dell'idea che, sebbene alienatasi, torna in sé arricchita.


Nel paragrafo 79 dell'Enciclopedia delle scienza filosofiche in compendio (1817) Hegel distingue meglio i tre momenti:
la tesi è il momento astratto, o intellettuale, e si ferma alle pure strutture rigide della realtà; l'antitesi è il momento negativo-razionale poiché nega le determinazioni astratte dell'intelletto mettendole in rapporto con le determinazioni opposte; la sintesi, il momento positivo-razionale, che coglie l'unità delle determinazioni opposte, ricomponendole.

Da qui la distinzione delle due facoltà:
l'intelletto che presiede ad un modo di pensare statico ed astratto e si presenta come organo del finito; la ragione che sta alla base di un modo di pensare dinamico e concreto, essendo organo dell'infinito attraverso cui il finito (parziale) si risolve nell'infinito (totale).





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I Capisaldi della filosofia hegeliana

1. Finito ed Infinito
L'argomento di fondo di Hegel è la seguente: il finito si risolve nell'infinito; esiste una identità tra ragione e realtà; la filosofia ha una funzione giustificatrice.

La Realtà è un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione; la realtà è la ragion d'essere di ogni fenomeno e di ogni cosa; la realtà coincide con l'assoluto e con l'infinito (la realtà non è un ente mondano). Da ciò deriva che il finito, come tale, non esiste in quanto ciò che noi chiamiamo finito è solo una espressione parziale dell'infinito.


La parte sta al tutto come il finito sta all'infinito

Il finito, che è reale, partecipa dell'infinito quindi è, anche esso, infinito.
La filosofia di Hegel può anche dirsi, stando così le cose, monismo panteistico, in quanto essa è manifestazione nel mondo (nel finito) di Dio (infinito).


SPINOZA ED HEGEL
Per Spinoza l'Assoluto è la Sostanza statica che coincide con la Natura:
per Hegel l'Assoluto è il Soggetto Spirituale in divenire di cui tutto ciò che esiste è tappa (o momento).
L'Assoluto è, in Hegel, un processo di auto-produzione che solo alla fine, con l'uomo (=lo Spirito) e le sue attività più alte (Arte, Religione e Filosofia) giunge ad essere.

2. Ragione e Realtà
Il Soggetto Spirituale Infinito è quella fase del Reale (=Infinito) che viene chiamata anche Idea o Ragione, intendendo  con ciò l'identità di pensiero ed essere (o di ragione e realtà).
Scrive Hegel nella Prefazione ai lineamenti di filosofia del diritto - per chi volesse leggere rinvio a https://docs.google.com/file/d/0B9Afo-K3FUwqb0hDRWNwMDM5TWs/edit?usp=drive_web&urp=https://www.google.it/url?sa%3Dt%26rct%3Dj%26q%3D%26esrc%3Ds%26sou&pli=1


<< Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale >>

Analizziamo
La prima parte presenta l'affermazione che la razionalità è qualcosa di assolutamente diverso dall'ideale e dall'astrazione, essendo, invece, la forma stessa di ciò che esiste (poiché la Ragione governa il mondo e lo costituisce).
La seconda parte spiega che la realtà non è mera materia caotica ma il dispiegarsi di una struttura razionale che si manifesta inconsapevolmente nella natura e consapevolmente nell'uomo.
L'aforisma, in definitiva, afferma la necessità totale e sostanziale tra realtà e ragione e l'identità fra essere e dover essere (=cio che è lo è perche deve essere).

3. Funzione della filosofia
La filosofia deve prendere atto della realtà e comprenderne le strutture che la costituiscono. La filosofia è come la nottola di Minerva che inizia il suo volo al crepuscolo, quando la realtà è già pronta.
Il suo compito è mantenersi in pace con la realtà e rinunciare alle pretese di determinarla o guidarla. La filosofia deve poter giustificare la razionalità del reale.
Esistono due tipologie del filosofare: l'Illuminismo che razionalizza il mondo ed Hegel che si cura della razionalità del reale per mostrarne la necessità.





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giovedì 31 ottobre 2013

Un confronto con Schelling

L'assoluto non è né il soggetto né l'oggetto, ma l'unità (o identità) indifferenziata degli opposti (soggetto/oggetto; spirito/natura; ideale/reale; conscio/inconscio).

In Schelling troviamo due sezioni filosofiche:
Filosofia della Natura: studia come la Natura sia Spirito visibile;
Filosofia dello Spirito: studia come lo Spirito sia Natura invisibile.


Filosofia della Natura
Ha come obiettivo mostrare che la Natura si risolve nello Spirito e affermare che la Natura stessa sia Spirito. La filosofia della Natura di Schelling è una terza via tra meccanicismo e finalismo: si tratta di un organicismo (=ogni parte ha senso solo se in relazione al tutto e alle altre parti)ed è anche un finalismo immanentistico (esiste una finalità oggettiva non derivante dal divino ma da un intervento immanente alla natura stessa).
Alla base della Natura così intesa, ovvero come Mondo-Organismo vi è l'Anima del Mondo (espressione plotiniana) che è lo Spirito inconscio vivificatrice (che muove e crea).
Il principio base della Natura è il principio di attrazione/repulsione (che Schelling mutua dalle scienze a lui contemporanee: magnetismo, elettricità e chimismo).
La Natura ha tre sviluppi: mondo inorganico, luce, mondo organico.
La Natura è il passato trascendentale dell'Io: è uno Spirito dormiente nelle cose e destinato a svegliarsi con l'uomo.



Filosofia dello Spirito
Essa è descritta nel Sistema sull’idealismo trascendentale ed è fondata sul concetto di autocoscienza e di Io. A differenza di Fichte egli non concepisce l’autocoscienza come soggettività pura, ma come sintesi di due attività dialetticamente opposte: da un lato infatti essa contiene un’attività limitata (detta reale) che produce l’oggetto che diventa come un limite per il soggetto. Tale attività è inconscia così che l’oggetto appaia come dato esternamente al soggetto. Dall’altro lato vi è un’attività illimitata e limitante (detta ideale), la quale consapevolmente va oltre il limite dell’oggetto e lo riconosce come una produzione inconsapevole dell’io. Esse allora non sono due attività separate ma incarnano la sintesi assoluta propria dell’autocoscienza. È in questo processo di sintesi infinito che si colloca l’intuizione intellettuale che esprime l’essenza dell’io, il suo essere produttore inconsapevole (attività reale) e consapevole (attività ideale) in un processo infinito. Vi è allora nel suo sistema una sorta di unione tra realismo e idealismo. L’Io è unità indissolubile di soggetto e oggetto, di spirito e natura, di attività consapevole e inconscia. Il vero idealismo allora non può che essere autentico realismo. 
La Filosofia dello Spirito è, a tutti gli effetti, un sapere sulla Natura opposto e complementare alla Filosofia della Natura: si parte dal soggettivo (primo e assoluto) e lo si fa diventare oggettivo. Dall'ideale al reale.
L'Autocoscienza è il punto luminoso del sistema trascendentale e delle deduzioni che produce.
L'intuizione intellettuale è il sapere che l'Io ha di sé e che viene trasmesso dall'Autocoscienza; si tratta di un sapere in cui Soggetto ed Oggetto coincidono (l'Io conosce e costruisce sé stesso nelle stesso tempo).