mercoledì 6 novembre 2013

UN PUNTO FISSO NELLA STORIA: LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO 1807

La Fenomenologia dello Spirito, opera del 1807.
È la storia romanzata della coscienza che attraverso erramenti, contrasti, scissioni e, quindi, infelicità e dolore, esce dalla sua individualità, raggiunge l'universalità e si riconosce come ragione che è realtà e come realtà che è ragione.
Il ciclo della fenomenologia viene descritto, principalmente, con la figura della coscienza infelice, quella coscienza che non sa di essere tutta la realtà e che, quindi, si trova scissa in differenza, opposizioni, conflitti dai quali può uscire solo comprendendosi come coscienza del tutto.

La prima parte della fenomenologia divide tre momenti dello sviluppo:
la tesi si concentra sull'oggettività e quindi riflette sulla Coscienza; l'antitesi pone l'attenzione sulla soggettività e sull'Autocoscienza; la sintesi, invece, parlando della Ragione, propone una riflessione sull'unione di oggetto e soggetto.

Entriamo nello specifico:
1. Tesi: Coscienza.
La coscienza ha tre momenti evolutivi: la certezza sensibile (si tratta di una certezza ricca e sicura, di una certezza del questo qui ora) in cui l'io si vede come generico. Il secondo momento è la percezione, quel passo evolutivo durante il quale l'io stabilisce un contatto unificante con l'oggetto e inizia a sentirsi come pensante. L'ulimo momento della coscienza è l'intelletto, ovvero quando la soggettività si fa carico dell'unità e riesce a vedersi e a vedere l'oggetto solo come fenomeno.

2. Antitesi: Autocoscienza.
L'attenzione si sposta dall'oggetto al soggetto.
Hegel per spiegarci i momenti evolutivi dell'autocoscienza si avvale di tre figure:

A. SIGNORIA E SERVITÙ: l'autocoscienza presuppone la presenza di altre autocoscienze che danno certezza (e certezza d'esistenza). L'uomo è autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da altre autocoscienze. L'autocoscienza è appagata solo in un'altra autocoscienza. Ma il Riconoscimento è un travaglio: prima le autocoscienze vengono separate poi, drammaticamente, spendono tutto il loro tempo a cercarsi e a ritrovarsi. Spesso il Riconoscimento passa attraverso scontri e lotte poiché ogni autocoscienza farebbe carte false per affermarsi come indipendente. Il bello di questa guerra è che non si conclude mai con la morte di una delle due perché il conflitto confluisce in un rapporto di subordinazione, quella che esiste tra PADRONE E SERVO.
Il padrone è colui che ha rischiato la vita per la sua indipendenza, il servo è colui che ha rinunciato all'indipendenza per aver salva la vita.
Sono due punti di vista differenti. La scelta dell'uno o dell'altro.
Eppure il servo, che ha preferito la schiavitù alla morte, che ha fatto una scelta per la vita (al contrario del padrone che si è gettato nelle braccia della morte pur di averla vinta), proprio il servo è colui che ha vinto in lungimiranza: egli ha avuto paura della morte, preferendo la vita all'indipendenza (una scelta vile, opinabile?), si è messo al servizio (procrastinando il suo desiderio di riconoscimento) e ha lavorato, imprimendo indipendenza a ciò che fa e a cui dà forma.

B. STOICISMO E SCETTICISMO: per Hegel dalla schiavitù si esce solo grazie all'esercizio del pensiero. Lo stoicismo si configura come libertà che torna nella pura universalità di pensiero astratto. La troppa astrazione, lo sappiamo, in Hegel porta all'impoverimento, quindi il miraggio stoico della libertà si svuota completamente. Gli scettici non sono da meno: il pensiero astratto si estremizza e si stacca completamente dal mondo, fino a negarlo. Il pensare l'assoluto diventa, sì, un pensare perfetto ma che annienta l'essere del mondo determinato dal molteplice.

C. COSCIENZA INFELICE: abbiamo già detto cosa è; la coscienza che non sa di essere il tutto è sia transmutabile (umana) sia intransmutabile (divina), il problema è che non lo comprende. Il culmine di questa figura, divisa internamente, è l'ascetismo, quella pratica filosofica che vuole la liberazione dalla carne per arrivare all'unificazione con l'Assoluto.

3. Sintesi: Ragione.
Ha tre forma: ragione osservativa, ragione attiva e individualità in sé e per sé.
La ragione osservativa osserva: la natura, l'autocoscienza in purezza, l'autocoscienza nella sua effettualità immediata.
La ragione attiva contempla il piacere e le necessità, le leggi del cuore e i deliri della presunzione, la virtù e il corso del mondo.
L'individualità in sé e per sé ha come argomenti di riflessione il regno animale dello Spirito (Spirito=uomo), la ragione legislatrice e la ragione che si occupa di esaminare le leggi.

La seconda parte della fenomenologia ha tre sezioni, SPIRITO-RELIGIONE-SAPERE ASSOLUTO che torneranno a farsi sentire nella Filosofia della Spirito di Hegel.




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IDEA NATURA E SPIRITO

 L'Assoluto è il fondamento del divenire e la legge che lo regola è la dialettica: essa è sia una legge ontologica di sviluppo della realtà sia una legge logica di comprensione della realtà.
Ma l'Assoluto dovrà farsi dinamico affinché venga risolto nel Finito.
In che modo l'Assoluto si fa dinamico?
Grazie ai tre momenti dialettici.
La Dialettica in Hegel è sia legge dello sviluppo della realtà sia legge della comprensione della medesima e consiste di affermazione o posizione di un concetto astratto e limitato (tesi), di negazione di questo concetto come alcunché di limitato e di finito e nel passaggio ad un concetto opposto (antitesi), di unificazione della precedente affermazione e negazione in un qualcosa di nuovo comprensivo di entrambe (sintesi).

In Hegel troveremo sempre questo andamento triadico; sin dall'inizio del suo lavoro sistematico ci spiega che tutto ruoterà intorno alla Dialettica.
È bene tenere a memoria il seguente passaggio che tornerà di continuo in tutte le tripartizioni:


Tesi
l'idea è in sé e per sé

Antitesi
l'idea è posta fuori di sé

Sintesi
l'idea torna in sé


Che cosa significa?

La tesi << l'idea è in sé e per sé >> significa che l'idea pura (anche chiamata Dio) è così perché sta prima di ogni creazione naturale o spirituale; è l'Assoluto che non crea il mondo ma è il mondo.

L'antitesi << l'idea è fuori di sé >> significa che stiamo parlando della Natura, ovvero dell'estrinsecazione e dell'alienazione dell'idea nel suo essere altro.

La sintesi (l'AUFHEBUNG) << l'idea torna in sé >> è l'idea che dopo essersi fatta natura torna nell'uomo.

LA DIALETTICA VA INTESA IN MODO IDEALE E MAI CRONOLOGICO (O LOGICO): nella vita quotidiana sappiamo che il primo momento è la sintesi (l'uomo), il secondo l'antitesi (la natura) e l'ultimo la tesi (Dio).

Ai tre momenti dialettici corrispondono tre parti della filosofia:
alla tesi la Logica che è la scienza dell'idea in sé e per sé, ovvero quella scienza che si occupa del suo essere implicito (in sé) e del suo graduale esplicarsi (per sé) a prescindere dalla concretizzazione nel mondo.
All'antitesi corrisponde la Filosofia della Natura che è la scienza dell'idea che si aliena, diviene altro: alla sintesi viene associata la Filosofia dello Spirito, la scienza dell'idea che, sebbene alienatasi, torna in sé arricchita.


Nel paragrafo 79 dell'Enciclopedia delle scienza filosofiche in compendio (1817) Hegel distingue meglio i tre momenti:
la tesi è il momento astratto, o intellettuale, e si ferma alle pure strutture rigide della realtà; l'antitesi è il momento negativo-razionale poiché nega le determinazioni astratte dell'intelletto mettendole in rapporto con le determinazioni opposte; la sintesi, il momento positivo-razionale, che coglie l'unità delle determinazioni opposte, ricomponendole.

Da qui la distinzione delle due facoltà:
l'intelletto che presiede ad un modo di pensare statico ed astratto e si presenta come organo del finito; la ragione che sta alla base di un modo di pensare dinamico e concreto, essendo organo dell'infinito attraverso cui il finito (parziale) si risolve nell'infinito (totale).





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I Capisaldi della filosofia hegeliana

1. Finito ed Infinito
L'argomento di fondo di Hegel è la seguente: il finito si risolve nell'infinito; esiste una identità tra ragione e realtà; la filosofia ha una funzione giustificatrice.

La Realtà è un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione; la realtà è la ragion d'essere di ogni fenomeno e di ogni cosa; la realtà coincide con l'assoluto e con l'infinito (la realtà non è un ente mondano). Da ciò deriva che il finito, come tale, non esiste in quanto ciò che noi chiamiamo finito è solo una espressione parziale dell'infinito.


La parte sta al tutto come il finito sta all'infinito

Il finito, che è reale, partecipa dell'infinito quindi è, anche esso, infinito.
La filosofia di Hegel può anche dirsi, stando così le cose, monismo panteistico, in quanto essa è manifestazione nel mondo (nel finito) di Dio (infinito).


SPINOZA ED HEGEL
Per Spinoza l'Assoluto è la Sostanza statica che coincide con la Natura:
per Hegel l'Assoluto è il Soggetto Spirituale in divenire di cui tutto ciò che esiste è tappa (o momento).
L'Assoluto è, in Hegel, un processo di auto-produzione che solo alla fine, con l'uomo (=lo Spirito) e le sue attività più alte (Arte, Religione e Filosofia) giunge ad essere.

2. Ragione e Realtà
Il Soggetto Spirituale Infinito è quella fase del Reale (=Infinito) che viene chiamata anche Idea o Ragione, intendendo  con ciò l'identità di pensiero ed essere (o di ragione e realtà).
Scrive Hegel nella Prefazione ai lineamenti di filosofia del diritto - per chi volesse leggere rinvio a https://docs.google.com/file/d/0B9Afo-K3FUwqb0hDRWNwMDM5TWs/edit?usp=drive_web&urp=https://www.google.it/url?sa%3Dt%26rct%3Dj%26q%3D%26esrc%3Ds%26sou&pli=1


<< Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale >>

Analizziamo
La prima parte presenta l'affermazione che la razionalità è qualcosa di assolutamente diverso dall'ideale e dall'astrazione, essendo, invece, la forma stessa di ciò che esiste (poiché la Ragione governa il mondo e lo costituisce).
La seconda parte spiega che la realtà non è mera materia caotica ma il dispiegarsi di una struttura razionale che si manifesta inconsapevolmente nella natura e consapevolmente nell'uomo.
L'aforisma, in definitiva, afferma la necessità totale e sostanziale tra realtà e ragione e l'identità fra essere e dover essere (=cio che è lo è perche deve essere).

3. Funzione della filosofia
La filosofia deve prendere atto della realtà e comprenderne le strutture che la costituiscono. La filosofia è come la nottola di Minerva che inizia il suo volo al crepuscolo, quando la realtà è già pronta.
Il suo compito è mantenersi in pace con la realtà e rinunciare alle pretese di determinarla o guidarla. La filosofia deve poter giustificare la razionalità del reale.
Esistono due tipologie del filosofare: l'Illuminismo che razionalizza il mondo ed Hegel che si cura della razionalità del reale per mostrarne la necessità.





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