L'assoluto non è né il soggetto né l'oggetto, ma l'unità (o identità) indifferenziata degli opposti (soggetto/oggetto; spirito/natura; ideale/reale; conscio/inconscio).
In Schelling troviamo due sezioni filosofiche:
Filosofia della Natura: studia come la Natura sia Spirito visibile;
Filosofia dello Spirito: studia come lo Spirito sia Natura invisibile.
Filosofia della Natura
Ha come obiettivo mostrare che la Natura si risolve nello Spirito e affermare che la Natura stessa sia Spirito. La filosofia della Natura di Schelling è una terza via tra meccanicismo e finalismo: si tratta di un organicismo (=ogni parte ha senso solo se in relazione al tutto e alle altre parti)ed è anche un finalismo immanentistico (esiste una finalità oggettiva non derivante dal divino ma da un intervento immanente alla natura stessa).
Alla base della Natura così intesa, ovvero come Mondo-Organismo vi è l'Anima del Mondo (espressione plotiniana) che è lo Spirito inconscio vivificatrice (che muove e crea).
Il principio base della Natura è il principio di attrazione/repulsione (che Schelling mutua dalle scienze a lui contemporanee: magnetismo, elettricità e chimismo).
La Natura ha tre sviluppi: mondo inorganico, luce, mondo organico.
La Natura è il passato trascendentale dell'Io: è uno Spirito dormiente nelle cose e destinato a svegliarsi con l'uomo.
Filosofia dello Spirito
Essa è descritta nel Sistema sull’idealismo trascendentale ed è fondata
sul concetto di autocoscienza e di Io. A differenza di Fichte egli non
concepisce l’autocoscienza come soggettività pura, ma come sintesi di
due attività dialetticamente opposte: da un lato infatti essa contiene
un’attività limitata (detta reale) che produce l’oggetto che diventa come
un limite per il soggetto. Tale attività è inconscia così che l’oggetto
appaia come dato esternamente al soggetto. Dall’altro lato vi è
un’attività illimitata e limitante (detta ideale), la quale
consapevolmente va oltre il limite dell’oggetto e lo riconosce come una
produzione inconsapevole dell’io. Esse allora non sono due attività
separate ma incarnano la sintesi assoluta propria dell’autocoscienza. È
in questo processo di sintesi infinito che si colloca l’intuizione
intellettuale che esprime l’essenza dell’io, il suo essere produttore
inconsapevole (attività reale) e consapevole (attività ideale) in un
processo infinito. Vi è allora nel suo sistema una sorta di unione tra
realismo e idealismo. L’Io è unità indissolubile di soggetto e oggetto,
di spirito e natura, di attività consapevole e inconscia. Il vero
idealismo allora non può che essere autentico realismo.
La Filosofia dello Spirito è, a tutti gli effetti, un sapere sulla Natura opposto e complementare alla Filosofia della Natura: si parte dal soggettivo (primo e assoluto) e lo si fa diventare oggettivo. Dall'ideale al reale.
L'Autocoscienza è il punto luminoso del sistema trascendentale e delle deduzioni che produce.
L'intuizione intellettuale è il sapere che l'Io ha di sé e che viene trasmesso dall'Autocoscienza; si tratta di un sapere in cui Soggetto ed Oggetto coincidono (l'Io conosce e costruisce sé stesso nelle stesso tempo).
giovedì 31 ottobre 2013
domenica 27 ottobre 2013
Fichte: perché l'idealismo; teoria della conoscenza; dottrina morale; filosofia politica
1.Perché l'Idealismo
La filosofia può avere due filoni: la prima via è la scelta dell'idealismo, la seconda via è la scelta del dogmatismo.
L'Idealismo punta sull'Io astraendo dalla cosa e parte dal soggetto per arrivare all'oggetto: si parte dall'Io o dal soggetto per poi spiegare, su questa base, la cosa o l'oggetto (l'Idealismo è la filosofia della libertà e rispecchia un temperamento attivo).
Il Dogmatismo punta sulla cosa astraendo dall'Io e parte dall'oggetto per arrivare al soggetto (è la filosofia della necessità e risèecchia un temperamento passivo).
Cosa si evince?
Una superiorità etica e teoretica dell'Idealismo.
2.La teoria della conoscenza
Per conoscenza Fichte intende l'azione del non-io sull'io. Egli si proclama realista e idealista al tempo stesso: realista perché ammette un'influenza del non-io sull'io; idealista perché ritiene che il non-io sia un prodotto dell'io.
L'Ideal-realismo è caratterizzato dalla conoscenza che è già un'azione del non-io sull'io empirico (=realismo) e dall'affermazione che il non-io, a sua volta, è già una creazione dell'Io e dell'immaginazione (=idealismo).
L'Ideal-realismo si avvale dell'Immaginazione produttiva: ricordiamo che per Kant l'immaginazione produttiva era quella attività a priori che forniva le condizioni formali dell'esperienza schematizzando il tempo secondo le varie categorie; per Fichte, invece, l'immaginazione produttiva è quell'atto inconscio attraverso cui l'Io pone, o crea, il non-io, ovvero il mondo oggettivo di cui l'io finito ha coscienza.
La conoscenza è fruibile attraverso delle tappe (o gradi); si parte dallo step più infimo:
1. sensazione: registrazione del dato;
2. intuizione: coordinamento spazio-temporale dei dati;
3. intelletto: categorizzazione della molteplicità spazio-temporale;
4. giudizio: articolazione della sintesi intellettiva;
5. ragione: astrazione dagli oggetti in generale.
3.La dottrina morale
Abbiamo visto che esiste una logica idealista, una gnoseologia idealista, ora passiamo alla morale idealista.
Così come Kant anche Fichte esprime il primato della Ragion Pratica su tutto: ricordiamo che Kant aveva affermato che la morale ci dà, sotto forma di postulati, ciò che la scienza ci nega (libertà, immortalità e Dio). Fichte, per primato della Ragion Pratica, invece, il fatto che la conoscenza e l'oggetto della conoscenza esistono solo in funzione dell'agire.
L'Idealismo etico è una teoria che ruota intorno all'assunzione dell'Io che determina il non-io mediante la libertà e il dovere, il quale si realizza come compito morale infinito o come sforzo mai concluso di spiritualizzazione del mondo.
Quale è il fine ultimo dell'uomo? Farsi liberi e rendere liberi gli altri in vista della compleata unificazione del genere umano.
Chi può aiutare in vista di questo scopo? I Dotti: persone pubbliche con precise responsabilità sociali, essi devono farsi maestri ed educatori della società.
4. La filosofia politica
Il pensiero politico di Fichte si articola in due fasi:
- Nella prima fase, lo Stato è liberale e si fa garante solamente dei diritti naturali degli uomini.
- Nella seconda fase, lo Stato diventa più autoritario e regola anche la vita degli uomini, non in grado di gestirsi autonomamente in maniera positiva. (si parla di involuzione totalitaristica del pensiero del filosofo)
La stessa concezione dell’Io di Fichte cambia.
Nelle varie edizioni de “La Dottrina della Scienza” si nota una svolta dall’Io immanente e storico a Dio. Nella prima edizione si afferma l’immanentismo idealista per cui l’uomo realizzando la sua spiritualità diventa divino; ma nelle edizioni seguenti, se la storia mette questo in discussione, anche per Fichte è più logico parlare di un Dio al di là dello sforzo morale individuale.
I due cambiamenti, dall’ottimismo liberale alla necessitò di uno Stato forte, e dall’idealismo etico a una concezione più religiosa/trascendentale, sono da considerarsi legati assieme, perché entrambi influenzanti dai cambiamenti storici vissuti da Fichte. Entrambi sono riconducibili alla data del 1800.
1794 Lezioni sulla missione del dotto
- Fichte attribuisce ai “dotti” la missione di educare l’umanità. L’umanità deve far trionfare lo spirito sulla materia attraverso la cultura. (≠ da Schelling che promuoveva invece come mezzo la bellezza).
Se la cultura ha questo ruolo, la moralità non è però un fatto meramente intenzionale come in Kant (ovvero non si basa soltanto sul rispetto o non rispetto della legge morale). Negli idealisti la moralità diventa azione, e essendo tale, non riguarda più l’individuo, ma è dialettica, interessa cioè il rapporto tra Io ed altro Io, chiamati a costruire una comunità morale.
Per il momento, Fiche dice kantianamente che lo Stato deve garantire i diritti naturali esteriori (vita, libertà fisica di movimento, di espressioni e proprietà), perché senza la tutela dello Stato gli individui non potrebbero realizzare una comunità sempre più orientata verso lo spirito.
1796 Fondamenti del diritto naturale
- iniziano a sorgere i primi dubbi e emerge la domanda se questo progresso attraverso la cultura sia spontaneo o serva l’intervento dello Stato.
1800 Stato Commerciale Chiuso
- nell’analisi del rapporto tra politica e economia, Fichte ha la sua svolta politica. Lo Stato liberale dovrebbe infatti restare fuori dal campo economico ma in quest’opera Fiche invece gli dà il compito di regolare l’economia. Fichte non abolisce però la proprietà privata ma promuove lo Stato come garante dei diritti sociali e come regolatore della produzione e distribuzione della ricchezza. Altresì, non vuole eliminare la disuguaglianza ma eliminare gli eccessi di disuguaglianza – in Fichte l’idea di Stato Liberale è diventata così quella di Stato Autarchico perché lo Stato è chiuso e mira all’autosufficienza.
1806 Dopo la sconfitta di Jena, nei “Discorsi alla nazione tedesca”, scritti sotto censura, Fichte fa un appello alla nazione tedesca affinché si faccia guida spirituale dell’umanità, essendo per tradizione la nazione più spirituale dai tempi di Lutero, Leibniz e Kant. Viene inoltre espressa l’importanza della lingua tedesca che è espressione dell’identità tedesca, non contaminata. Ci sono accenni anche all’ URFOLK, al popolo originario non contaminato. Non si parla però di supremazia militare o politica ma si invita a far rinascere il senso di identità che Napoleone III aveva cancellato.
L’educazione nazionale dovrà abolire la differenza fra il popolo e la classe colta e dovrà riconoscere il lavoro come sua sola legge e l’ingegno e la virtù come fondamento di vera nobiltà.
OSSERVAZIONE : Gli idealisti si erano così posti un problema attuale – cioè armonizzare l’interesse individuale con quello del bene della comunità quando quello individuale è poco preoccupato del bene comune.
scarica il pdf**
https://drive.google.com/file/d/0B5DBNWZakYzgc0FONjdWNmUwR2M/edit?usp=sharing
La filosofia può avere due filoni: la prima via è la scelta dell'idealismo, la seconda via è la scelta del dogmatismo.
L'Idealismo punta sull'Io astraendo dalla cosa e parte dal soggetto per arrivare all'oggetto: si parte dall'Io o dal soggetto per poi spiegare, su questa base, la cosa o l'oggetto (l'Idealismo è la filosofia della libertà e rispecchia un temperamento attivo).
Il Dogmatismo punta sulla cosa astraendo dall'Io e parte dall'oggetto per arrivare al soggetto (è la filosofia della necessità e risèecchia un temperamento passivo).
Cosa si evince?
Una superiorità etica e teoretica dell'Idealismo.
2.La teoria della conoscenza
Per conoscenza Fichte intende l'azione del non-io sull'io. Egli si proclama realista e idealista al tempo stesso: realista perché ammette un'influenza del non-io sull'io; idealista perché ritiene che il non-io sia un prodotto dell'io.
L'Ideal-realismo è caratterizzato dalla conoscenza che è già un'azione del non-io sull'io empirico (=realismo) e dall'affermazione che il non-io, a sua volta, è già una creazione dell'Io e dell'immaginazione (=idealismo).
L'Ideal-realismo si avvale dell'Immaginazione produttiva: ricordiamo che per Kant l'immaginazione produttiva era quella attività a priori che forniva le condizioni formali dell'esperienza schematizzando il tempo secondo le varie categorie; per Fichte, invece, l'immaginazione produttiva è quell'atto inconscio attraverso cui l'Io pone, o crea, il non-io, ovvero il mondo oggettivo di cui l'io finito ha coscienza.
La conoscenza è fruibile attraverso delle tappe (o gradi); si parte dallo step più infimo:
1. sensazione: registrazione del dato;
2. intuizione: coordinamento spazio-temporale dei dati;
3. intelletto: categorizzazione della molteplicità spazio-temporale;
4. giudizio: articolazione della sintesi intellettiva;
5. ragione: astrazione dagli oggetti in generale.
3.La dottrina morale
Abbiamo visto che esiste una logica idealista, una gnoseologia idealista, ora passiamo alla morale idealista.
Così come Kant anche Fichte esprime il primato della Ragion Pratica su tutto: ricordiamo che Kant aveva affermato che la morale ci dà, sotto forma di postulati, ciò che la scienza ci nega (libertà, immortalità e Dio). Fichte, per primato della Ragion Pratica, invece, il fatto che la conoscenza e l'oggetto della conoscenza esistono solo in funzione dell'agire.
L'Idealismo etico è una teoria che ruota intorno all'assunzione dell'Io che determina il non-io mediante la libertà e il dovere, il quale si realizza come compito morale infinito o come sforzo mai concluso di spiritualizzazione del mondo.
Quale è il fine ultimo dell'uomo? Farsi liberi e rendere liberi gli altri in vista della compleata unificazione del genere umano.
Chi può aiutare in vista di questo scopo? I Dotti: persone pubbliche con precise responsabilità sociali, essi devono farsi maestri ed educatori della società.
4. La filosofia politica
Il pensiero politico di Fichte si articola in due fasi:
- Nella prima fase, lo Stato è liberale e si fa garante solamente dei diritti naturali degli uomini.
- Nella seconda fase, lo Stato diventa più autoritario e regola anche la vita degli uomini, non in grado di gestirsi autonomamente in maniera positiva. (si parla di involuzione totalitaristica del pensiero del filosofo)
La stessa concezione dell’Io di Fichte cambia.
Nelle varie edizioni de “La Dottrina della Scienza” si nota una svolta dall’Io immanente e storico a Dio. Nella prima edizione si afferma l’immanentismo idealista per cui l’uomo realizzando la sua spiritualità diventa divino; ma nelle edizioni seguenti, se la storia mette questo in discussione, anche per Fichte è più logico parlare di un Dio al di là dello sforzo morale individuale.
I due cambiamenti, dall’ottimismo liberale alla necessitò di uno Stato forte, e dall’idealismo etico a una concezione più religiosa/trascendentale, sono da considerarsi legati assieme, perché entrambi influenzanti dai cambiamenti storici vissuti da Fichte. Entrambi sono riconducibili alla data del 1800.
1794 Lezioni sulla missione del dotto
- Fichte attribuisce ai “dotti” la missione di educare l’umanità. L’umanità deve far trionfare lo spirito sulla materia attraverso la cultura. (≠ da Schelling che promuoveva invece come mezzo la bellezza).
Se la cultura ha questo ruolo, la moralità non è però un fatto meramente intenzionale come in Kant (ovvero non si basa soltanto sul rispetto o non rispetto della legge morale). Negli idealisti la moralità diventa azione, e essendo tale, non riguarda più l’individuo, ma è dialettica, interessa cioè il rapporto tra Io ed altro Io, chiamati a costruire una comunità morale.
Per il momento, Fiche dice kantianamente che lo Stato deve garantire i diritti naturali esteriori (vita, libertà fisica di movimento, di espressioni e proprietà), perché senza la tutela dello Stato gli individui non potrebbero realizzare una comunità sempre più orientata verso lo spirito.
1796 Fondamenti del diritto naturale
- iniziano a sorgere i primi dubbi e emerge la domanda se questo progresso attraverso la cultura sia spontaneo o serva l’intervento dello Stato.
1800 Stato Commerciale Chiuso
- nell’analisi del rapporto tra politica e economia, Fichte ha la sua svolta politica. Lo Stato liberale dovrebbe infatti restare fuori dal campo economico ma in quest’opera Fiche invece gli dà il compito di regolare l’economia. Fichte non abolisce però la proprietà privata ma promuove lo Stato come garante dei diritti sociali e come regolatore della produzione e distribuzione della ricchezza. Altresì, non vuole eliminare la disuguaglianza ma eliminare gli eccessi di disuguaglianza – in Fichte l’idea di Stato Liberale è diventata così quella di Stato Autarchico perché lo Stato è chiuso e mira all’autosufficienza.
1806 Dopo la sconfitta di Jena, nei “Discorsi alla nazione tedesca”, scritti sotto censura, Fichte fa un appello alla nazione tedesca affinché si faccia guida spirituale dell’umanità, essendo per tradizione la nazione più spirituale dai tempi di Lutero, Leibniz e Kant. Viene inoltre espressa l’importanza della lingua tedesca che è espressione dell’identità tedesca, non contaminata. Ci sono accenni anche all’ URFOLK, al popolo originario non contaminato. Non si parla però di supremazia militare o politica ma si invita a far rinascere il senso di identità che Napoleone III aveva cancellato.
L’educazione nazionale dovrà abolire la differenza fra il popolo e la classe colta e dovrà riconoscere il lavoro come sua sola legge e l’ingegno e la virtù come fondamento di vera nobiltà.
OSSERVAZIONE : Gli idealisti si erano così posti un problema attuale – cioè armonizzare l’interesse individuale con quello del bene della comunità quando quello individuale è poco preoccupato del bene comune.
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Fichte la Dottrina della Scienza
La tesi fondamentale di questo lungo saggio è poter fare una scienza della scienza, poter trovare un sapere che sia in grado di mettere in luce il principio su cui si fonda qualsiasi scienza.
Il principio base della dottrina della scienza è l'Io o l'Autocoscienza.
Che cos'è l'Autocoscienza?
se l'essere per noi (=oggetto) è possibile soltanto sotto la condizione della coscienza (del soggetto) allora, la coscienza stessa, è posta solo sotto la condizione dell'autocoscienza.
La coscienza è il fondamento dell'essere, l'autocoscienza è il fondamento della coscienza.
Come è fatto questo Io?
1. È assolutamente primo, incondizionato, assoluto ed infinito.
2. È attività autocreatrice poiché esso pone o crea sé stesso.
3. È Tathandlung in quanto esso è sia attività agente che prodotto dell'azione stessa.
4. È libertà poiché strutturalmente libero (assoluta attività=assoluta libertà).
5. È in-condizionato ed in-finito da cui tutto il resto dipende.
6. Esiste tutto nell'Io e per l'Io: esso contiene il tutto e non esiste nulla al di fuori.
7. È detto anche Io puro: esso è attività libera da condizionamenti empirici.
I tre principi della Dottrina:
1. L'Io pone sé stesso (tesi): come attività autocreatrice e infinita (Io sono perché mi sono posto); come condizione incondizionata di sé stesso e della realtà (Io sono); come principio primo del sapere (Io sono Io).
2. L'Io pone il non-io (antitesi): per realizzarsi come attività, l'Io è costretto a contrapporre, a sé stesso, in sé stesso, qualcos'altro da sé (è il mondo oggettivo in quanto è posto dall'Io ma opposto all'Io).
3.L'Io oppone, nell'Io, ad un Io divisibile un non-io divisibile (sintesi): avendo posto il non-io, l'Io si trova ad esistere sotto forma di io divisibile (=molteplice e finito), limitato da una serie di non-io altrettanto divisibili (=molteplici e finiti).
CHIARIFICAZIONI
A. I tre principi non sono da interpretare in modo cronologico bensì logico.
B. L'Io risulta finito e infinito al tempo stesso.
C. L'Io infinito o puro non è qualcosa di diverso dall'insieme degli io finiti nei quali esso si realizza.
D. L'Io infinito è la meta metafisica degli io finiti: l'Io infinito è la natura e la missione dell'io finito poiché l'uomo è uno sforzo infinito verso la libertà, ovvero una lotta inesauribile contro il limite. e quindi contro la natura esterna (=le cose) ed interna (=istinti, irrazionalità).
E. Il concetto classico di perfezione statica viene sostituito da un concetto in divenire dinamico.
F. Si può leggere la dialettica fichtiana come un processo di deduzione di categorie: ponendo una tesi, una antitesi e una sintesi, Fichte pone tre categorie kantiane: la qualità, la quantità e la relazione.
In definitiva la dialettica di Fichte (dove dialettica è termine tipico di Hegel) è una struttura triadica della vita spirituale.
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sabato 26 ottobre 2013
Fichte: premesse
Per quel che concerne la vita e gli scritti rinvio alla sua biografia: REPETITA IUVANT la vita e gli scritti di ogni filosofo vanno studiati.
Detto ciò, proseguiamo.
L'Infinità dell'Io
Kant affermava che l'io penso è il principio di tutta la conoscenza umana (unità di sensibilità, ragion pura, ragion pratica e immaginazione); essendo, dunque, autodeterminazione esistenziale, l'io penso è attività (Kant la chiama spontaneità), ma una attività limitata dal limite dell'intuizione sensibile (dunque l'io penso è finito per Kant).
Fichte trae le conclusioni da questo discorso: se l'io è l'unico principio, formale e materiale, del conoscere, se alla sua attività è dovuto non solo il pensiero della realtà oggettiva, ma questa realtà stessa nel suo contenuto materiale, è evidente che l'io è non solo finito ma infinito.
Dunque:
Kant----> l'io è finito perché limitato dalla cosa in sé (noumeno): l'Io kantiano è principio formale del conoscere;
Fichte----> l'io è infinito poiché tutto esiste nell'io e per l'io: l'Io fichtiano è principio formale e materiale a cui si deve non solo la forma della realtà, ma la realtà stessa.
Come si arriva a dedurre la finitudine o l'infinitudine dell'Io?
KANT:
la deduzione è di tipo trascendentale, cioè diretta a giustificare la validità delle condizioni soggettive della conoscenza.
Questa deduzione mette al principio una possibilità trascendentale (tale è appunto l'io penso) che implica sempre un rapporto tra io e l'oggetto fenomenico.
FICHTE:
la deduzione è di tipo metafisica o assoluta, in quanto deve far derivare dall'Io sia l'oggetto che il soggetto del conoscere.
La deduzione di Fichte assume un principio assoluto che pone o crea il soggetto e l'oggetto fenomenici grazie all'azione creatrice, poietica, cioè in virtù di un'intuizione intellettuale (si intende per intuizione intellettuale l'auto-intuizione immediata che l'Io ha di sé stesso in quanto attività auto-creatrice).
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Detto ciò, proseguiamo.
L'Infinità dell'Io
Kant affermava che l'io penso è il principio di tutta la conoscenza umana (unità di sensibilità, ragion pura, ragion pratica e immaginazione); essendo, dunque, autodeterminazione esistenziale, l'io penso è attività (Kant la chiama spontaneità), ma una attività limitata dal limite dell'intuizione sensibile (dunque l'io penso è finito per Kant).
Fichte trae le conclusioni da questo discorso: se l'io è l'unico principio, formale e materiale, del conoscere, se alla sua attività è dovuto non solo il pensiero della realtà oggettiva, ma questa realtà stessa nel suo contenuto materiale, è evidente che l'io è non solo finito ma infinito.
Dunque:
Kant----> l'io è finito perché limitato dalla cosa in sé (noumeno): l'Io kantiano è principio formale del conoscere;
Fichte----> l'io è infinito poiché tutto esiste nell'io e per l'io: l'Io fichtiano è principio formale e materiale a cui si deve non solo la forma della realtà, ma la realtà stessa.
Come si arriva a dedurre la finitudine o l'infinitudine dell'Io?
KANT:
la deduzione è di tipo trascendentale, cioè diretta a giustificare la validità delle condizioni soggettive della conoscenza.
Questa deduzione mette al principio una possibilità trascendentale (tale è appunto l'io penso) che implica sempre un rapporto tra io e l'oggetto fenomenico.
FICHTE:
la deduzione è di tipo metafisica o assoluta, in quanto deve far derivare dall'Io sia l'oggetto che il soggetto del conoscere.
La deduzione di Fichte assume un principio assoluto che pone o crea il soggetto e l'oggetto fenomenici grazie all'azione creatrice, poietica, cioè in virtù di un'intuizione intellettuale (si intende per intuizione intellettuale l'auto-intuizione immediata che l'Io ha di sé stesso in quanto attività auto-creatrice).
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venerdì 25 ottobre 2013
Dal kantismo all'Idealismo: linee guida per uno studio approfondito
Il termine Idealismo viene usato per indicare la corrente filosofica che si originò in Germania nel periodo post-kantiano e che ha avuto numerose ramificazioni nella filosofia moderna e contemporanea di tutti i paesi.
Dai suoi stessi fondatori, Fichte e Schelling, questo Idealismo venne chiamato trascendentale o soggettivo o assoluto.
L'aggettivo trascendentale tende a collegarlo con il punto di vista kantiano, che aveva fatto dell'io penso il principio fondamentale della conoscenza.
La qualifica di soggettivo tende a contrapporre questo Idealismo al punto di vista di Spinoza che aveva bensì ridotto l'intera realtà a un principio unico, la Sostanza, ma aveva inteso la Sostanza stessa come oggetto.
Infine l'aggettivo assoluto mira a sottolineare la tesi che l'Io o Spirito è il principio unico di tutto e che fuori di esso non c'è nulla.
Caratteri fondamentali dell'Idealismo
1. Abolizione della cosa in sé ed infinitizzazione dell'io: i seguaci di Kant avevano ammesso l'inammissibilità gnoseologica della cosa in sé; Fichte si insinua nel dibattito spostando il discorso dal piano gnoseologico al piano metafisico, abolendo lo spettro della cosa in sé (=un qualcosa di assolutamente estraneo all'io) e facendo diventare la cosa in sé una entità creatrice ed infinita. La tesi principale dell'Idealismo è Tutto è Spirito.
2. L'esistenza della Natura come momento dialettico necessario della vita dello spirito: lo Spirito, proprio per essere tale, ha bisogno di quella sua antitesi vivente che è la Natura.
3. L'uomo è Dio: l'uomo è la ragion d'essere e lo scopo dell'universo, esso coinciderà con l'Assoluto e con l'Infinito.
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https://drive.google.com/file/d/0B5DBNWZakYzgMW9DXzEwZ2g0OVE/edit?usp=sharing
Dai suoi stessi fondatori, Fichte e Schelling, questo Idealismo venne chiamato trascendentale o soggettivo o assoluto.
L'aggettivo trascendentale tende a collegarlo con il punto di vista kantiano, che aveva fatto dell'io penso il principio fondamentale della conoscenza.
La qualifica di soggettivo tende a contrapporre questo Idealismo al punto di vista di Spinoza che aveva bensì ridotto l'intera realtà a un principio unico, la Sostanza, ma aveva inteso la Sostanza stessa come oggetto.
Infine l'aggettivo assoluto mira a sottolineare la tesi che l'Io o Spirito è il principio unico di tutto e che fuori di esso non c'è nulla.
Caratteri fondamentali dell'Idealismo
1. Abolizione della cosa in sé ed infinitizzazione dell'io: i seguaci di Kant avevano ammesso l'inammissibilità gnoseologica della cosa in sé; Fichte si insinua nel dibattito spostando il discorso dal piano gnoseologico al piano metafisico, abolendo lo spettro della cosa in sé (=un qualcosa di assolutamente estraneo all'io) e facendo diventare la cosa in sé una entità creatrice ed infinita. La tesi principale dell'Idealismo è Tutto è Spirito.
2. L'esistenza della Natura come momento dialettico necessario della vita dello spirito: lo Spirito, proprio per essere tale, ha bisogno di quella sua antitesi vivente che è la Natura.
3. L'uomo è Dio: l'uomo è la ragion d'essere e lo scopo dell'universo, esso coinciderà con l'Assoluto e con l'Infinito.
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mercoledì 23 ottobre 2013
Romanticismo Tedesco: linee guida per uno studio approfondito
Romanticismo: indicazioni storiche.
- Movimento nato in Germania nel XVIII secolo e che ha la massima fioritura nei primi decenni dell'Ottocento;
- È quell'indirizzo culturale, secondo Hegel, che trova la sua nota qualificante nell'esaltazione del sentimento;
- È quell'atmosfera storica che ha interessato tutti i campi del sapere.
Il Circolo di Jena.
Gli esponenti: i fratelli Schlegel, Michaelis, Novalis, Hölderlin. Gli Schlegel furono in rapporto anche con Fichte (conosciuto a Jena nel 1796 e di cui subirono l'influsso filosofico, attribuendogli la paternità ideale dello stesso movimento romantico) e con Schelling.
Gli ideali:
1. Rifiuto della ragione illuministica (sporca del sangue rivoluzionario e del militarismo napoleonico, incapace di comprendere la realtà più profonda dell'uomo, dell'universo e di Dio);
2. Esaltazione del sentimento: questa è la principale eredità che il Romanticismo riceve dalla Sturm und Drang, il quale aveva contrapposto il sentimento alla ragione, ritenuta superficiale e non capace di attingere alle realtà superiori e divine (cfr Kant);
3. L'arte è sapienza del mondo: essa è una meta-filosofia;
4. Celebrazione assoluta della musica;
5. Assolutizzazione dell'arte;
6. Celebrazione della religiosità romantica: essa è una via d'accesso privilegiata al reale e al Tutto nelle parti;
7. Recupero delle religioni positive: riavvicinamento alle religioni tradizionali;
8. La ragione dialettica diventa l'unica possibilità di pensare in modo sintetico ed organico (ossia spiegando le parti in relazione al Tutto) ed è l'unica predisposizione che può affermare la dimensione processuale (=storica) della realtà;
9. Il problema dell'Infinito;
10. Il desiderio e la mancanza onnipresente di un qualcosa (Sehnsucht);
11. L'ironia: la superiore coscienza del fatto che ogni realtà finita, e quindi ogni impresa umana, grande o piccola, risulta impari di fronte all'Infinito;
12. Il Titanismo: metafora dell'atteggiamento di sfida e ribellione, proprio di chi si propone di combattere, pur sapendo che alla fine risulterà perdente o incapace di superare le barriere dell'Infinito;
13. Tendenza all'evasione e amore per l'eccezionale: desiderio di mondi perduti o lontani, culto dell'Ellade, riscoperta del Medioevo, esotismo, mondo del sogno, tematiche noir, culto del viandante, tema dell'armonia perduta a causa del dominio dell'intelletto scientifico;
14. La concezione dell'uomo come Spirito;
15. Esaltazione romantica dell'Amore: l'amore che è vita della vita stessa, che è desiderio di far parte del totale, che è unità di misura dell'Infinito;
16. Una nuova concezione di Storia e conseguente rifiuto della concezione illuministica della stessa;
17. Lo sviluppo della filosofia polica romantica: da appassionata filorivoluzionaria a forme di radicalismo repubblicano nella prima fase e approdo, nella seconda fase, alle concezioni anti-rivoluzionarie e anti-napoleoniche (Romantico=conservatore, patriota, nazionalista);
18. Una nuova concezione della Natura: con un ritorno a Spinoza (egli conciliò il dualismo mente/corpo facendo di Dio la causa immanente della natura Deus sive Natura), si riscopre l'amore per la Natura -annullando ogni pretesa scientifica e materialistica- inscrivendo il tutto sotto nuovi punti di vista (organicistico, energetico-vitalista, finalistico, spiritualistico, dialettico);
19. L'Ottimismo al di là del pessimismo.
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- Movimento nato in Germania nel XVIII secolo e che ha la massima fioritura nei primi decenni dell'Ottocento;
- È quell'indirizzo culturale, secondo Hegel, che trova la sua nota qualificante nell'esaltazione del sentimento;
- È quell'atmosfera storica che ha interessato tutti i campi del sapere.
Il Circolo di Jena.
Gli esponenti: i fratelli Schlegel, Michaelis, Novalis, Hölderlin. Gli Schlegel furono in rapporto anche con Fichte (conosciuto a Jena nel 1796 e di cui subirono l'influsso filosofico, attribuendogli la paternità ideale dello stesso movimento romantico) e con Schelling.
Gli ideali:
1. Rifiuto della ragione illuministica (sporca del sangue rivoluzionario e del militarismo napoleonico, incapace di comprendere la realtà più profonda dell'uomo, dell'universo e di Dio);
2. Esaltazione del sentimento: questa è la principale eredità che il Romanticismo riceve dalla Sturm und Drang, il quale aveva contrapposto il sentimento alla ragione, ritenuta superficiale e non capace di attingere alle realtà superiori e divine (cfr Kant);
3. L'arte è sapienza del mondo: essa è una meta-filosofia;
4. Celebrazione assoluta della musica;
5. Assolutizzazione dell'arte;
6. Celebrazione della religiosità romantica: essa è una via d'accesso privilegiata al reale e al Tutto nelle parti;
7. Recupero delle religioni positive: riavvicinamento alle religioni tradizionali;
8. La ragione dialettica diventa l'unica possibilità di pensare in modo sintetico ed organico (ossia spiegando le parti in relazione al Tutto) ed è l'unica predisposizione che può affermare la dimensione processuale (=storica) della realtà;
9. Il problema dell'Infinito;
10. Il desiderio e la mancanza onnipresente di un qualcosa (Sehnsucht);
11. L'ironia: la superiore coscienza del fatto che ogni realtà finita, e quindi ogni impresa umana, grande o piccola, risulta impari di fronte all'Infinito;
12. Il Titanismo: metafora dell'atteggiamento di sfida e ribellione, proprio di chi si propone di combattere, pur sapendo che alla fine risulterà perdente o incapace di superare le barriere dell'Infinito;
13. Tendenza all'evasione e amore per l'eccezionale: desiderio di mondi perduti o lontani, culto dell'Ellade, riscoperta del Medioevo, esotismo, mondo del sogno, tematiche noir, culto del viandante, tema dell'armonia perduta a causa del dominio dell'intelletto scientifico;
14. La concezione dell'uomo come Spirito;
15. Esaltazione romantica dell'Amore: l'amore che è vita della vita stessa, che è desiderio di far parte del totale, che è unità di misura dell'Infinito;
16. Una nuova concezione di Storia e conseguente rifiuto della concezione illuministica della stessa;
17. Lo sviluppo della filosofia polica romantica: da appassionata filorivoluzionaria a forme di radicalismo repubblicano nella prima fase e approdo, nella seconda fase, alle concezioni anti-rivoluzionarie e anti-napoleoniche (Romantico=conservatore, patriota, nazionalista);
18. Una nuova concezione della Natura: con un ritorno a Spinoza (egli conciliò il dualismo mente/corpo facendo di Dio la causa immanente della natura Deus sive Natura), si riscopre l'amore per la Natura -annullando ogni pretesa scientifica e materialistica- inscrivendo il tutto sotto nuovi punti di vista (organicistico, energetico-vitalista, finalistico, spiritualistico, dialettico);
19. L'Ottimismo al di là del pessimismo.
*scarica il pdf *
https://docs.google.com/file/d/0B5DBNWZakYzgT1hINmYtRk1PbW8/edit?usp=sharing
mercoledì 16 ottobre 2013
La Critica della Facoltà di Giudizio
Kant, in questa terza Critica, si domanda se non vi siano vie per superare l'abisso che corre tra la Ragion Pura e la Ragion Pratica.
Superare l'abisso significa cogliere un riflesso di intelligibilità nella natura anche là dove non arriva l'intelligibilità portata dalle nostre categorie.
Si tratta di capire se anche i particolari, attestati dalle intuizioni empiriche, non portino in sé una traccia di intelligibilità; le vie per arrivare a questa persuasione non sono evidenze scientifiche ma fanno parte dell'ordine della natura e della bellezza (=gli oggetti di studio della Critica della Facoltà di Giudizio).
La Critica della Facoltà di Giudizio è il tentativo di mediazione tra fenomenico e noumenico: scoperta di una terza facoltà:
1.Intelletto---->facoltà teoretica;
2.Ragione---->facoltà pratica;
3.Giudizio---->sentimento puro.
I Giudizi possono essere di due tipi:
1. Determinanti: sono dati sia il particolare (sensibile) che l'universale (le categorie a priori); i giudizi determinanti sono materia della scienza in quanto l'universale è già posseduto dall'intelletto che lo applica al molteplice delle intuizioni.
2. Riflettenti: in cui è dato solo il particolare, l'universale è da ricercare (va trovato); Tale principio universale della riflessione equivale alle Idee della Ragione nel loro uso regolativo (=nel dominio della Ragion Pura). Il principio guida, l'a priori, per raggiungere l'universale è la finalità della natura.
Quali modi ho per scoprire il finalismo delle cose?
A. Contemplare la bellezza, ovvero esprimere il giudizio estetico sulle cose; tale giudizio sulla bellezza ha pretesa di universalità, di oggettività e si specifica attraverso tre definizioni:
1. Bello è l'oggetto di un piacere disinteressato;
2. Bello è ciò che piace universalmente, in quanto ha valore per tutti;
3. Bellezza è la forma della finalità di un oggetto e viene percepita senza la rappresentazione di uno scopo.
Il piacere estetico è l'apprensione dell'intelligibilità dell'oggetto attraverso la consapevolezza dell'armonia delle nostre facoltà; è la finalità senza scopo; è il sapere che una cosa ha senso, è cioè intellegibile, senza conoscere di preciso a quale idea essa corrisponde. La finalità delle cose è percepita attraverso il sentimento dell'armonia (= quell'equilibrio- seppur precario- esistente tra intelletto e ragione) fra le nostre facoltà. La bellezza non è altro che il modo in cui l'uomo sente la finalità del reale.
Al piacere estetico è connesso il problema del sublime.
Il sublime è ciò che è assolutamente grande al di là di ogni comparazione; riguarda quindi ciò che è informe, illimitato e, come tale, non può mai darsi nell'esperienza. Il sublime si può solo presentire (pre-sentire: sentire prima la scia senza capire da dove e da chi provenga) di fronte a certi spettacoli naturali che superano il potere della nostra immaginazione; sublime è rovesciare, sulla natura e sulle cose (=sul sensibile), la grandezza assoluta propria del mondo soprasensibile e su di noi in quanto esseri morali.
B. Riflettere sull'ordine della natura tramite i giudizi teleologici per affermare la finalità come principio regolativo. Cosa sia in sé la natura non lo sappiamo, in quanto la consociamo solo fenomenicamente, tuttavia non possiamo fare a meno di considerarla come finalisticamente organizzata.
Superare l'abisso significa cogliere un riflesso di intelligibilità nella natura anche là dove non arriva l'intelligibilità portata dalle nostre categorie.
Si tratta di capire se anche i particolari, attestati dalle intuizioni empiriche, non portino in sé una traccia di intelligibilità; le vie per arrivare a questa persuasione non sono evidenze scientifiche ma fanno parte dell'ordine della natura e della bellezza (=gli oggetti di studio della Critica della Facoltà di Giudizio).
La Critica della Facoltà di Giudizio è il tentativo di mediazione tra fenomenico e noumenico: scoperta di una terza facoltà:
1.Intelletto---->facoltà teoretica;
2.Ragione---->facoltà pratica;
3.Giudizio---->sentimento puro.
I Giudizi possono essere di due tipi:
1. Determinanti: sono dati sia il particolare (sensibile) che l'universale (le categorie a priori); i giudizi determinanti sono materia della scienza in quanto l'universale è già posseduto dall'intelletto che lo applica al molteplice delle intuizioni.
2. Riflettenti: in cui è dato solo il particolare, l'universale è da ricercare (va trovato); Tale principio universale della riflessione equivale alle Idee della Ragione nel loro uso regolativo (=nel dominio della Ragion Pura). Il principio guida, l'a priori, per raggiungere l'universale è la finalità della natura.
Quali modi ho per scoprire il finalismo delle cose?
A. Contemplare la bellezza, ovvero esprimere il giudizio estetico sulle cose; tale giudizio sulla bellezza ha pretesa di universalità, di oggettività e si specifica attraverso tre definizioni:
1. Bello è l'oggetto di un piacere disinteressato;
2. Bello è ciò che piace universalmente, in quanto ha valore per tutti;
3. Bellezza è la forma della finalità di un oggetto e viene percepita senza la rappresentazione di uno scopo.
Il piacere estetico è l'apprensione dell'intelligibilità dell'oggetto attraverso la consapevolezza dell'armonia delle nostre facoltà; è la finalità senza scopo; è il sapere che una cosa ha senso, è cioè intellegibile, senza conoscere di preciso a quale idea essa corrisponde. La finalità delle cose è percepita attraverso il sentimento dell'armonia (= quell'equilibrio- seppur precario- esistente tra intelletto e ragione) fra le nostre facoltà. La bellezza non è altro che il modo in cui l'uomo sente la finalità del reale.
Al piacere estetico è connesso il problema del sublime.
Il sublime è ciò che è assolutamente grande al di là di ogni comparazione; riguarda quindi ciò che è informe, illimitato e, come tale, non può mai darsi nell'esperienza. Il sublime si può solo presentire (pre-sentire: sentire prima la scia senza capire da dove e da chi provenga) di fronte a certi spettacoli naturali che superano il potere della nostra immaginazione; sublime è rovesciare, sulla natura e sulle cose (=sul sensibile), la grandezza assoluta propria del mondo soprasensibile e su di noi in quanto esseri morali.
B. Riflettere sull'ordine della natura tramite i giudizi teleologici per affermare la finalità come principio regolativo. Cosa sia in sé la natura non lo sappiamo, in quanto la consociamo solo fenomenicamente, tuttavia non possiamo fare a meno di considerarla come finalisticamente organizzata.
I Postulati della Ragion Pratica
Si dice Postulato quel presupposto pratico che non amplia la conoscenza speculativa ma che dà alle idee della ragione speculativa una realtà oggettiva, autorizzando, perciò, la possibilità di alcuni concetti.
I Postulati vanno ammessi per spiegare la legge morale, se non li spiegassimo non potremmo ammettere la legge morale; quindi, dato che la morale è un fatto innegabile, i Postulati vanno oggettivati.
I Postulati sono tre:
1. La Libertà: condizione base della legge morale;
2. Esistenza di Dio: la legge morale mi comanda di essere virtuoso (di persegiuire il Bene), quindi sono degno di essere felice; si postula l'esistenza di Dio perché si ha la necessita di far corrispondere, in un altro mondo (meritocratico), quella felicità che compete all'agire secondo sostanza (con sostanza leggi merito; ribadiamo che tutto ciò non è realizzabile in questo mondo). Il Sommo Bene (=Dio) è la coincidenza, in Kant, di virtù e felicità ed è una coincidenza di cui non si può far affatto esperienza nel sensibile. Affinché il comando della ragione abbia senso bisogna supporre/ammettere una remunerazione in un'altra vita (si procrastina la vita sensibile in virtù di una vita futura) da parte di chi è considerato il Sommo Bene sussistente (=Dio).
Ciò non significa che la Ragion Pratica può dimostrare l'esistenza di Dio, piuttosto indica che la Ragion Pratica SUPPONE poi POSTULA dunque AMMETTE l'esistenza di Dio.
3. Immortalità dell'uomo: si tratta di un processo continuo di ricerca umana- non accessibile in questo mondo- ed è richiesta per avvicinarsi sempre di più alla perfetta adeguatezza della volontà alla legge morale. La santità è la figura suprema del raggiungimento di tale perfetta adeguazione.
Kant ha, dunque, riconosciuto due facoltà:
l'Intelletto che è la facoltà consocitiva teoretica e che domina la ragion pura, la quale non può rappresentarsi (e rappresentarci) gli oggetti come sono in sé ma solo come fenomeni.
La Ragione, facoltà pratica, la quale ha la possibilità (e tutte le condizioni necessarie) per rappresentare gli oggetti come cose in sé (soprasensibili), non potendo conoscerli teoreticamente, e darli come esistenti solo nella realtà pratica.
Fra il mondo della Ragion Pura (=la realtà come appare allo spirito umano) e il mondo della Ragion Pratica (=il mondo che ci viene dato in quanto soggetti morali) esiste un abisso immenso.
I Postulati vanno ammessi per spiegare la legge morale, se non li spiegassimo non potremmo ammettere la legge morale; quindi, dato che la morale è un fatto innegabile, i Postulati vanno oggettivati.
I Postulati sono tre:
1. La Libertà: condizione base della legge morale;
2. Esistenza di Dio: la legge morale mi comanda di essere virtuoso (di persegiuire il Bene), quindi sono degno di essere felice; si postula l'esistenza di Dio perché si ha la necessita di far corrispondere, in un altro mondo (meritocratico), quella felicità che compete all'agire secondo sostanza (con sostanza leggi merito; ribadiamo che tutto ciò non è realizzabile in questo mondo). Il Sommo Bene (=Dio) è la coincidenza, in Kant, di virtù e felicità ed è una coincidenza di cui non si può far affatto esperienza nel sensibile. Affinché il comando della ragione abbia senso bisogna supporre/ammettere una remunerazione in un'altra vita (si procrastina la vita sensibile in virtù di una vita futura) da parte di chi è considerato il Sommo Bene sussistente (=Dio).
Ciò non significa che la Ragion Pratica può dimostrare l'esistenza di Dio, piuttosto indica che la Ragion Pratica SUPPONE poi POSTULA dunque AMMETTE l'esistenza di Dio.
3. Immortalità dell'uomo: si tratta di un processo continuo di ricerca umana- non accessibile in questo mondo- ed è richiesta per avvicinarsi sempre di più alla perfetta adeguatezza della volontà alla legge morale. La santità è la figura suprema del raggiungimento di tale perfetta adeguazione.
Kant ha, dunque, riconosciuto due facoltà:
l'Intelletto che è la facoltà consocitiva teoretica e che domina la ragion pura, la quale non può rappresentarsi (e rappresentarci) gli oggetti come sono in sé ma solo come fenomeni.
La Ragione, facoltà pratica, la quale ha la possibilità (e tutte le condizioni necessarie) per rappresentare gli oggetti come cose in sé (soprasensibili), non potendo conoscerli teoreticamente, e darli come esistenti solo nella realtà pratica.
Fra il mondo della Ragion Pura (=la realtà come appare allo spirito umano) e il mondo della Ragion Pratica (=il mondo che ci viene dato in quanto soggetti morali) esiste un abisso immenso.
martedì 15 ottobre 2013
La Critica della Ragion Pratica
La ragion pratica è la capacità di determinare la volontà e l'azione morale senza l'ausilio della sensibilità.
Lo scopo del trattato è criticare la ragion pratica, la quale pretende di restare sempre legata solo all'esperienza.
Infatti la ragion pratica empirica non può determinare la volontà da sola; con la seconda critica Kant recupera il concetto di noumeno (fino ad ora ancora non ben definito) che è inaccessibile teoreticamente ma accessibile praticamente.
La tesi di base della seconda Critica è la seguente: il fondamento dell'etica è una legge morale universale, essendo un fatto proprio della ragione.
Dunque in cosa consiste la legge morale?
1. La legge morale è universale=non può essere desunta dall'esperienza in quanto a priori; la ragione è sufficiente da sola- senza impulsi sensibili- a muovere la volontà.
2. La legge morale è razionale=deve valere per l'uomo in quanto essere ragionevole e non solo perché contenuta dalla ragione.
3. La legge morale non è una esigenza che l'uomo segue per necessità, essa è piuttosto un imperativo, una necessità oggettiva dell'azione; la legge morale è un principio che deve essere valido per tutti. Vi sono due tipi di imperativi:
3a. Imperativi ipotetici: subordinano il comando dell'azione da compiere al conseguimento di uno scopo. Tali imperativi sono oggettivi solo per coloro che si propongono quel fine; da tali imperativi derivano l'edonismo e l'utilitarismo.
3b. Imperativi categorici: comandano l'azione in sé stessa. La norma morale deve essere un imperativo categorico poiché la tendenza a perseguire un fine deve essere comandata, necessariamente, da una legge morale.
Da qui l'espressione kantiana: Agisci in modo che tu possa volere che la massima delle tue azioni divenga universale.
La nostra moralità è dettata dal principio per cui desideriamo determinate cose, ma il principio della moralità non è il contenuto ma la forma (per questo motivo si parla di formalismo kantiano).
4. La legge morale non è solo un imperativo categorico poiché la sua forma di legge è l'universalità (devi perché devi).
5. Il Bene è ciò che è comandato dalla legge morale. La legge morale non dice "fai il bene" ma "segui la legge morale". Non è morale ciò che si fa ma l'intenzione con cui lo si fa. La legge morale è morale perché mi comanda in quanto legge.
6. La legge morale ha valore per sé stessa: la volontà è autonoma, dà a sé la sua legge. Vi è assoluta autonomia nell'autodeterminarsi della legge morale; l'unico principio della legge morale consiste nell'indipendenza da ogni materia (contenuto) morale.
7. Chiunque debba fare una cosa dovrebbe poterla fare; se devi, dunque, puoi, se puoi è perché devi: darsi un dovere implica libertà. La libertà è la condizione per cui è possibile ogni imperativo categorico.
8. La libertà è postulata dal carattere formale della legge: prima conosciamo la legge morale poi inferiamo da essa la libertà come suo fondamento.
La legge morale è ratio cognoscendi della libertà;
la libertà è ratio essendi della legge morale.
9. Nella seconda Critica avviene il recupero del noumeno che sfuggiva alla ragion pura: mentre nel mondo sensibile il noumenico era presente solo come esigenza ideale (come uso regolativo della ragione, infatti Anima, Mondo e Dio erano, per l'intelletto, solo delle direzioni di ricerca), nel mondo della moralità la cosa in sé viene analizzata a partire dai postulati della ragion pratica.
Lo scopo del trattato è criticare la ragion pratica, la quale pretende di restare sempre legata solo all'esperienza.
Infatti la ragion pratica empirica non può determinare la volontà da sola; con la seconda critica Kant recupera il concetto di noumeno (fino ad ora ancora non ben definito) che è inaccessibile teoreticamente ma accessibile praticamente.
La tesi di base della seconda Critica è la seguente: il fondamento dell'etica è una legge morale universale, essendo un fatto proprio della ragione.
Dunque in cosa consiste la legge morale?
1. La legge morale è universale=non può essere desunta dall'esperienza in quanto a priori; la ragione è sufficiente da sola- senza impulsi sensibili- a muovere la volontà.
2. La legge morale è razionale=deve valere per l'uomo in quanto essere ragionevole e non solo perché contenuta dalla ragione.
3. La legge morale non è una esigenza che l'uomo segue per necessità, essa è piuttosto un imperativo, una necessità oggettiva dell'azione; la legge morale è un principio che deve essere valido per tutti. Vi sono due tipi di imperativi:
3a. Imperativi ipotetici: subordinano il comando dell'azione da compiere al conseguimento di uno scopo. Tali imperativi sono oggettivi solo per coloro che si propongono quel fine; da tali imperativi derivano l'edonismo e l'utilitarismo.
3b. Imperativi categorici: comandano l'azione in sé stessa. La norma morale deve essere un imperativo categorico poiché la tendenza a perseguire un fine deve essere comandata, necessariamente, da una legge morale.
Da qui l'espressione kantiana: Agisci in modo che tu possa volere che la massima delle tue azioni divenga universale.
La nostra moralità è dettata dal principio per cui desideriamo determinate cose, ma il principio della moralità non è il contenuto ma la forma (per questo motivo si parla di formalismo kantiano).
4. La legge morale non è solo un imperativo categorico poiché la sua forma di legge è l'universalità (devi perché devi).
5. Il Bene è ciò che è comandato dalla legge morale. La legge morale non dice "fai il bene" ma "segui la legge morale". Non è morale ciò che si fa ma l'intenzione con cui lo si fa. La legge morale è morale perché mi comanda in quanto legge.
6. La legge morale ha valore per sé stessa: la volontà è autonoma, dà a sé la sua legge. Vi è assoluta autonomia nell'autodeterminarsi della legge morale; l'unico principio della legge morale consiste nell'indipendenza da ogni materia (contenuto) morale.
7. Chiunque debba fare una cosa dovrebbe poterla fare; se devi, dunque, puoi, se puoi è perché devi: darsi un dovere implica libertà. La libertà è la condizione per cui è possibile ogni imperativo categorico.
8. La libertà è postulata dal carattere formale della legge: prima conosciamo la legge morale poi inferiamo da essa la libertà come suo fondamento.
La legge morale è ratio cognoscendi della libertà;
la libertà è ratio essendi della legge morale.
9. Nella seconda Critica avviene il recupero del noumeno che sfuggiva alla ragion pura: mentre nel mondo sensibile il noumenico era presente solo come esigenza ideale (come uso regolativo della ragione, infatti Anima, Mondo e Dio erano, per l'intelletto, solo delle direzioni di ricerca), nel mondo della moralità la cosa in sé viene analizzata a partire dai postulati della ragion pratica.
Ancora sulla Critica della Ragion Pura
L'Estetica Trascendentale.
I Giudizi Sintetici A Priori studiano il fenomeno che è il risultato di dati sensibili+ forme a priori.
La forma dell'oggetto/fenomeno proviene dal Soggetto ed è costituita da Spazio e Tempo: lo Spazio è la forma a priori dell'interno, il Tempo è la forma a priori dell'esterno. Spazio e Tempo non esistono in sé ma solo in noi (perché siamo noi che modifichiamo l'oggetto).
L'Analitica Trascendentale.
È la parte positiva (pars construens) della Logica Trascendentale; essa studia gli elementi della conoscenza pura dell'intelletto, ovvero studia le forme a priori dell'intelletto.
Dunque, ricapitolando:
L'Estetica Trascendentale si avvale della sensibilità e parla attraverso le intuizioni pure/forme a priori di Spazio e Tempo;
L'Analitica Trascendentale si avvale dell'intelletto per studiare le categorie;
La Dialettica Trascendentale si avvale della ragione per comprendere le Idee.
Parliamo delle categorie;
quali sono?
le categorie (o concetti) posson venir dedotti dalle funzioni dell'unità nei giudizi; sono dodici.
L'intelletto, mediante le categorie, pensa a ciò che nell'intuizione è dato. Se la sensibilità consegna molteplici sensazioni ciò non significa che l'unità della coscienza venga dai dati sensibili. L'unita della coscienza pensante proviene dall'intelletto e Kant la chiama Io Penso.
L'Io Penso è la condizione di conoscibilità dell'oggetto ed unità suprema delle dodici categorie.
L'Io Penso è il legame che tiene strette le varie proprietà dell'oggetto; è, anche, ciò che viene espresso nel giudizio (io penso come voce verbale): utilizzando l'Io Penso Kant deduce e giustifica, dimostrandolo, la presenza unificatrice dell'intelletto per costruire l'oggetto.
Come entrano in funzione le categorie nei principi dell'intelletto?
Kant risponde al quesito nell'Analitica dei principi (che fa parte dell'Analitica Trascendentale): dato che i principi derivano dalle categorie, essi costituiscono il complesso della conoscenza a priori che possiamo avere sulla natura, la loro sussunzione avviene tramite lo Schematismo Trascendentale che è il modo di comportarsi dell'intelletto con gli schemi.
Cosa è lo schema?
È l'intermediario tra categorie e dato sensibile che elimina l'eterogeneità dei due elementi della sintesi; è generale come le categorie e temporale come il contenuto dell'esperienza.
In definitiva si potrebbe tradurre la parola schema con condizione universale di applicabilità delle categorie alle intuizioni sensibili.
In chiusura, Kant si accorge di quanto siano ormai distanti il fenomeno dal noumeno: si tratta dell'antica parabola gnoseologica che ha pervaso le menti di Cartesio e di Newton.
Dialettica Trascendentale.
Si tratta della pars destruens della Logica. Il suo scopo? Criticare l'intelletto nel suo uso iperfisico per smascherare le infondate presunzioni.
L'intelletto da solo non basta per rappresentare un oggetto, serve sempre un materiale da unificare, ciò mi si propone con la sensibilità.
Le categorie, pur appartenendo all'intelletto puro, non possono essere applicate a ciò che non è sperimentabile perché, senza il contributo del sensibile, l'uomo cade in una conoscenza di tipo illusorio.
La Dialettica utilizza la ragione che è l'intelletto che si spinge al di là dell'orizzonte dell'esperienza possibile. Lo spingersi oltre è un bisogno strutturale dell'uomo, una esigenza.
La ragione è la facoltà dell'incondizionato e sta alla base di fenomeni psichici e fisici e di ogni realtà.
I fenomeni psichici stanno ad indicare la psicologia razionale che studia l'anima;
i fenomeni fisici stanno per cosmologia razionale che studia il mondo nella sua unità metafisica;
ogni realtà sta per teologia razionale che studia Dio.
Questi concetti di convergenza- Anima, Mondo e Dio- vengono criticati da Kant:
1. critica l'Anima: l'Io non è un concetto ma una coscienza che accompagna i concetti; se voglio dimostrare l'anima, l'idea di un Io immutabile, cado nel Paralogismo della Ragione.
2. critica il Mondo: fuori dall'esperienza i nostri concetti lavorano a vuoto; se la cosmologia razionale vuole affermare l'esistenza di un mondo in sé, pur non commettendo errori argomentativi, produce solo una serie di affermazioni antitetiche che hanno solo la parvenza della validità. Kant le chiama le Antinomie della Ragione.
3. critica Dio: Kant critica l'idea di Dio attraverso le prove dell'esitenza di Dio e ne deduce che non vi è nulla di scientifico poiché Dio è solamente un Ideale della Ragion Pura. Dio è solo l'idea di un individuo che contiene in sé tutti gli attributi positivi. È decisamente un ideale.
I Giudizi Sintetici A Priori studiano il fenomeno che è il risultato di dati sensibili+ forme a priori.
La forma dell'oggetto/fenomeno proviene dal Soggetto ed è costituita da Spazio e Tempo: lo Spazio è la forma a priori dell'interno, il Tempo è la forma a priori dell'esterno. Spazio e Tempo non esistono in sé ma solo in noi (perché siamo noi che modifichiamo l'oggetto).
L'Analitica Trascendentale.
È la parte positiva (pars construens) della Logica Trascendentale; essa studia gli elementi della conoscenza pura dell'intelletto, ovvero studia le forme a priori dell'intelletto.
Dunque, ricapitolando:
L'Estetica Trascendentale si avvale della sensibilità e parla attraverso le intuizioni pure/forme a priori di Spazio e Tempo;
L'Analitica Trascendentale si avvale dell'intelletto per studiare le categorie;
La Dialettica Trascendentale si avvale della ragione per comprendere le Idee.
Parliamo delle categorie;
quali sono?
le categorie (o concetti) posson venir dedotti dalle funzioni dell'unità nei giudizi; sono dodici.
L'intelletto, mediante le categorie, pensa a ciò che nell'intuizione è dato. Se la sensibilità consegna molteplici sensazioni ciò non significa che l'unità della coscienza venga dai dati sensibili. L'unita della coscienza pensante proviene dall'intelletto e Kant la chiama Io Penso.
L'Io Penso è la condizione di conoscibilità dell'oggetto ed unità suprema delle dodici categorie.
L'Io Penso è il legame che tiene strette le varie proprietà dell'oggetto; è, anche, ciò che viene espresso nel giudizio (io penso come voce verbale): utilizzando l'Io Penso Kant deduce e giustifica, dimostrandolo, la presenza unificatrice dell'intelletto per costruire l'oggetto.
Come entrano in funzione le categorie nei principi dell'intelletto?
Kant risponde al quesito nell'Analitica dei principi (che fa parte dell'Analitica Trascendentale): dato che i principi derivano dalle categorie, essi costituiscono il complesso della conoscenza a priori che possiamo avere sulla natura, la loro sussunzione avviene tramite lo Schematismo Trascendentale che è il modo di comportarsi dell'intelletto con gli schemi.
Cosa è lo schema?
È l'intermediario tra categorie e dato sensibile che elimina l'eterogeneità dei due elementi della sintesi; è generale come le categorie e temporale come il contenuto dell'esperienza.
In definitiva si potrebbe tradurre la parola schema con condizione universale di applicabilità delle categorie alle intuizioni sensibili.
In chiusura, Kant si accorge di quanto siano ormai distanti il fenomeno dal noumeno: si tratta dell'antica parabola gnoseologica che ha pervaso le menti di Cartesio e di Newton.
Dialettica Trascendentale.
Si tratta della pars destruens della Logica. Il suo scopo? Criticare l'intelletto nel suo uso iperfisico per smascherare le infondate presunzioni.
L'intelletto da solo non basta per rappresentare un oggetto, serve sempre un materiale da unificare, ciò mi si propone con la sensibilità.
Le categorie, pur appartenendo all'intelletto puro, non possono essere applicate a ciò che non è sperimentabile perché, senza il contributo del sensibile, l'uomo cade in una conoscenza di tipo illusorio.
La Dialettica utilizza la ragione che è l'intelletto che si spinge al di là dell'orizzonte dell'esperienza possibile. Lo spingersi oltre è un bisogno strutturale dell'uomo, una esigenza.
La ragione è la facoltà dell'incondizionato e sta alla base di fenomeni psichici e fisici e di ogni realtà.
I fenomeni psichici stanno ad indicare la psicologia razionale che studia l'anima;
i fenomeni fisici stanno per cosmologia razionale che studia il mondo nella sua unità metafisica;
ogni realtà sta per teologia razionale che studia Dio.
Questi concetti di convergenza- Anima, Mondo e Dio- vengono criticati da Kant:
1. critica l'Anima: l'Io non è un concetto ma una coscienza che accompagna i concetti; se voglio dimostrare l'anima, l'idea di un Io immutabile, cado nel Paralogismo della Ragione.
2. critica il Mondo: fuori dall'esperienza i nostri concetti lavorano a vuoto; se la cosmologia razionale vuole affermare l'esistenza di un mondo in sé, pur non commettendo errori argomentativi, produce solo una serie di affermazioni antitetiche che hanno solo la parvenza della validità. Kant le chiama le Antinomie della Ragione.
3. critica Dio: Kant critica l'idea di Dio attraverso le prove dell'esitenza di Dio e ne deduce che non vi è nulla di scientifico poiché Dio è solamente un Ideale della Ragion Pura. Dio è solo l'idea di un individuo che contiene in sé tutti gli attributi positivi. È decisamente un ideale.
Anima, Mondo e Dio, comunque, non sono finzioni: esistono e sono una direzione di ricerca alternativa; esse ordinano l'esperienza in modo schematico ed in virtù di un come se. Sono principi euristici.
La Critica della Ragion Pura: concetti preliminari
La Critica della Ragion Pura è divisa nel seguente modo:
1. Dottrina degli Elementi. Si propone di mettere in luce le forme a priori e si divide in:
a. Estetica Trascendentale*, la parte che studia la sensibilità e le sue forme a priori: Spazio e Tempo (Matematica).
b. Logica Trascendentale* che si suddivide, a sua volta in
b1. Analitica Trascendentale*: studia l'intelletto e le sue forme a priori- le dodici categorie (Fisica);
b2. Dialettica Trascendentale*: studia la ragione e le sue forme a priori, cioè le idee di Anima, Mondo e Dio (Metafisica).
2. Dottrina del Metodo. Si propone di chiarire l'uso degli elementi, ovvero il metodo della conoscenza.
Nella Critica della Ragion Pura l'ipotesi di fondo è:
sebbene la nostra conoscenza inizi con l'esperienza ciò non significa che essa derivi, in totale, dall'esperienza; potrebbe essere, invece, che la nostra conoscenza empirica sia un composto di ciò che riceviamo mediante i sensi e di ciò che la nostra facoltà cognitiva vi aggiunge da sé?
Come convalidarla?
Con i Giudizi Sintetici A Priori, che danno vita alla Concezione Criticistica della Scienza;
Essi sono:
Sintetici: fecondi, in quanto il predicato aggiunge qualcosa di nuovo a quanto detto dal soggetto;
A Priori: universali e necessari, in quanto non hanno bisogno di prove empiriche.
I Giudizi Sintetici A Priori non sono:
- I Giudizi Analitici A Priori: infecondi (=analitici), in quanto il predicato non aggiunge novità rispetto al soggetto/ universali e necessari, in quanto non hanno bisogno di convalide empiriche. Essi simboleggiano la concezione razionalistica e deduttivistica della scienza (Metodo Deduttivo);
- I Giudizi Sintetici A Posteriori: fecondi (=sintetici), in quanto il predicato aggiunge novità rispetto al soggetto/ particolare e non necessari (=a posteriori), in quanto derivano dall'esperienza. Essi simboleggiano la concezione empiristica e induttivistica della scienza (Metodo Induttivo).
*Trascendentale:
Nella filosofia scolastica il trascendentale era una proprietà universale (l'essere, l'uno..) che tutte le cose hanno in comune e perciò eccedono (trascendono) le categorie.
Per Kant, invece, il trascendentale è sì un qualcosa che eccede le categorie, ma ha anche a che fare con le forme a priori, le quali non esprimono una proprietà ontologica della realtà in sé ma solo una condizione gnoseologica che rende possibile la conoscenza della realtà fenomenica.
Trascendentale è il giusto aggettivo per descrivere lo studio filosofico delle forme a priori. Kant, va detto, non sempre è coerente nell'utilizzo di questo termine, in quanto lo associa sia alle forme a priori sia all'unità che costituisce l'Io Penso.
1. Dottrina degli Elementi. Si propone di mettere in luce le forme a priori e si divide in:
a. Estetica Trascendentale*, la parte che studia la sensibilità e le sue forme a priori: Spazio e Tempo (Matematica).
b. Logica Trascendentale* che si suddivide, a sua volta in
b1. Analitica Trascendentale*: studia l'intelletto e le sue forme a priori- le dodici categorie (Fisica);
b2. Dialettica Trascendentale*: studia la ragione e le sue forme a priori, cioè le idee di Anima, Mondo e Dio (Metafisica).
2. Dottrina del Metodo. Si propone di chiarire l'uso degli elementi, ovvero il metodo della conoscenza.
Nella Critica della Ragion Pura l'ipotesi di fondo è:
sebbene la nostra conoscenza inizi con l'esperienza ciò non significa che essa derivi, in totale, dall'esperienza; potrebbe essere, invece, che la nostra conoscenza empirica sia un composto di ciò che riceviamo mediante i sensi e di ciò che la nostra facoltà cognitiva vi aggiunge da sé?
Come convalidarla?
Con i Giudizi Sintetici A Priori, che danno vita alla Concezione Criticistica della Scienza;
Essi sono:
Sintetici: fecondi, in quanto il predicato aggiunge qualcosa di nuovo a quanto detto dal soggetto;
A Priori: universali e necessari, in quanto non hanno bisogno di prove empiriche.
I Giudizi Sintetici A Priori non sono:
- I Giudizi Analitici A Priori: infecondi (=analitici), in quanto il predicato non aggiunge novità rispetto al soggetto/ universali e necessari, in quanto non hanno bisogno di convalide empiriche. Essi simboleggiano la concezione razionalistica e deduttivistica della scienza (Metodo Deduttivo);
- I Giudizi Sintetici A Posteriori: fecondi (=sintetici), in quanto il predicato aggiunge novità rispetto al soggetto/ particolare e non necessari (=a posteriori), in quanto derivano dall'esperienza. Essi simboleggiano la concezione empiristica e induttivistica della scienza (Metodo Induttivo).
*Trascendentale:
Nella filosofia scolastica il trascendentale era una proprietà universale (l'essere, l'uno..) che tutte le cose hanno in comune e perciò eccedono (trascendono) le categorie.
Per Kant, invece, il trascendentale è sì un qualcosa che eccede le categorie, ma ha anche a che fare con le forme a priori, le quali non esprimono una proprietà ontologica della realtà in sé ma solo una condizione gnoseologica che rende possibile la conoscenza della realtà fenomenica.
Trascendentale è il giusto aggettivo per descrivere lo studio filosofico delle forme a priori. Kant, va detto, non sempre è coerente nell'utilizzo di questo termine, in quanto lo associa sia alle forme a priori sia all'unità che costituisce l'Io Penso.
Premesse alla filosofia di Kant
Dissertazione di Kant 1770
De Mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis (Forma e principi del mondo sensibile e intelligibile).
Risolve i problemi di Spazio e di Tempo.
Come?
Fasi preliminari:
1. Distingue la conoscenza sensibile dalla conoscenza intellettuale; la conoscenza sensibile è la ricettività e l'oggetto di studio è il fenomeno, formato da materia- sensazione e modificazione dell'oggetto- e da forma- legge indipendente dell'oggetto (la conoscenza dapprima è apparenza, poi diventa esperienza grazie ai confronti tra i dati);
2. Dice che la conoscenza intellettuale è quella che studia la cosa in sé, il noumeno.
Date le due tipologie di conoscenza dichiara che
Spazio e Tempo sono intuizioni pure che precedono ogni conoscenza sensibile e sono indipendenti da esse: sono pure condizioni umane necessarie e soggettive che hanno il compito di coordinare, in virtù di una legge, tutti i dati sensibili.
Critica e Criticismo
Criticare: porre al vaglio (tribunale) della ragione ogni conoscenza.
Criticismo diverso da Dogmatismo*:
il Criticismo si interroga programmaticamente su esperienze umane circa la possibilità (condizione d'esistenza), la validità (legittimità o meno della sua caratterizzazione) e i limiti (confini di validità).
*è stato Hume a svegliare la filosofia (metafisica)- e Kant- dal sonno dogmatico.
De Mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis (Forma e principi del mondo sensibile e intelligibile).
Risolve i problemi di Spazio e di Tempo.
Come?
Fasi preliminari:
1. Distingue la conoscenza sensibile dalla conoscenza intellettuale; la conoscenza sensibile è la ricettività e l'oggetto di studio è il fenomeno, formato da materia- sensazione e modificazione dell'oggetto- e da forma- legge indipendente dell'oggetto (la conoscenza dapprima è apparenza, poi diventa esperienza grazie ai confronti tra i dati);
2. Dice che la conoscenza intellettuale è quella che studia la cosa in sé, il noumeno.
Date le due tipologie di conoscenza dichiara che
Spazio e Tempo sono intuizioni pure che precedono ogni conoscenza sensibile e sono indipendenti da esse: sono pure condizioni umane necessarie e soggettive che hanno il compito di coordinare, in virtù di una legge, tutti i dati sensibili.
Critica e Criticismo
Criticare: porre al vaglio (tribunale) della ragione ogni conoscenza.
Criticismo diverso da Dogmatismo*:
il Criticismo si interroga programmaticamente su esperienze umane circa la possibilità (condizione d'esistenza), la validità (legittimità o meno della sua caratterizzazione) e i limiti (confini di validità).
*è stato Hume a svegliare la filosofia (metafisica)- e Kant- dal sonno dogmatico.
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