mercoledì 16 ottobre 2013

La Critica della Facoltà di Giudizio

Kant, in questa terza Critica, si domanda se non vi siano vie per superare l'abisso che corre tra la Ragion Pura e la Ragion Pratica.
Superare l'abisso significa cogliere un riflesso di intelligibilità nella natura anche là dove non arriva l'intelligibilità portata dalle nostre categorie.
Si tratta di capire se anche i particolari, attestati dalle intuizioni empiriche, non portino in sé una traccia di intelligibilità; le vie per arrivare a questa persuasione non sono evidenze scientifiche ma fanno parte dell'ordine della natura e della bellezza (=gli oggetti di studio della Critica della Facoltà di Giudizio).
La Critica della Facoltà di Giudizio è il tentativo di mediazione tra fenomenico e noumenico: scoperta di una terza facoltà:
1.Intelletto---->facoltà teoretica;
2.Ragione---->facoltà pratica;
3.Giudizio---->sentimento puro.

I Giudizi possono essere di due tipi:


1. Determinanti: sono dati sia il particolare (sensibile) che l'universale (le categorie a priori); i giudizi determinanti sono materia della scienza in quanto l'universale è già posseduto dall'intelletto che lo applica al molteplice delle intuizioni.
2. Riflettenti: in cui è dato solo il particolare, l'universale è da ricercare (va trovato); Tale principio universale della riflessione equivale alle Idee della Ragione nel loro uso regolativo (=nel dominio della Ragion Pura). Il principio guida, l'a priori, per raggiungere l'universale è la finalità della natura.



Quali modi ho per scoprire il finalismo delle cose?

A. Contemplare la bellezza, ovvero esprimere il giudizio estetico sulle cose; tale giudizio sulla bellezza ha pretesa di universalità, di oggettività e si specifica attraverso tre definizioni:

1. Bello è l'oggetto di un piacere disinteressato;
2. Bello è ciò che piace universalmente, in quanto ha valore per tutti;
3. Bellezza è la forma della finalità di un oggetto e viene percepita senza la rappresentazione di uno scopo.

Il piacere estetico è l'apprensione dell'intelligibilità dell'oggetto attraverso la consapevolezza dell'armonia delle nostre facoltà; è la finalità senza scopo; è il sapere che una cosa ha senso, è cioè intellegibile, senza conoscere di preciso a quale idea essa corrisponde. La finalità delle cose è percepita attraverso il sentimento dell'armonia (= quell'equilibrio- seppur precario- esistente tra intelletto e ragione) fra le nostre facoltà. La bellezza non è altro che il modo in cui l'uomo sente la finalità del reale.
Al piacere estetico è connesso il problema del sublime.
Il sublime è ciò che è assolutamente grande al di là di ogni comparazione; riguarda quindi ciò che è informe, illimitato e, come tale, non può mai darsi nell'esperienza. Il sublime si può solo presentire (pre-sentire: sentire prima la scia senza capire da dove e da chi provenga) di fronte a certi spettacoli naturali che superano il potere della nostra immaginazione; sublime è rovesciare, sulla natura e sulle cose (=sul sensibile), la grandezza assoluta propria del mondo soprasensibile e su di noi in quanto esseri morali.




B. Riflettere sull'ordine della natura tramite i giudizi teleologici per affermare la finalità come principio regolativo. Cosa sia in sé la natura non lo sappiamo, in quanto la consociamo solo fenomenicamente, tuttavia non possiamo fare a meno di considerarla come finalisticamente organizzata.

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