Kant, in questa terza Critica, si domanda se non vi siano vie per superare l'abisso che corre tra la Ragion Pura e la Ragion Pratica.
Superare l'abisso significa cogliere un riflesso di intelligibilità nella natura anche là dove non arriva l'intelligibilità portata dalle nostre categorie.
Si tratta di capire se anche i particolari, attestati dalle intuizioni empiriche, non portino in sé una traccia di intelligibilità; le vie per arrivare a questa persuasione non sono evidenze scientifiche ma fanno parte dell'ordine della natura e della bellezza (=gli oggetti di studio della Critica della Facoltà di Giudizio).
La Critica della Facoltà di Giudizio è il tentativo di mediazione tra fenomenico e noumenico: scoperta di una terza facoltà:
1.Intelletto---->facoltà teoretica;
2.Ragione---->facoltà pratica;
3.Giudizio---->sentimento puro.
I Giudizi possono essere di due tipi:
1. Determinanti: sono dati sia il particolare (sensibile) che l'universale (le categorie a priori); i giudizi determinanti sono materia della scienza in quanto l'universale è già posseduto dall'intelletto che lo applica al molteplice delle intuizioni.
2. Riflettenti: in cui è dato solo il particolare, l'universale è da ricercare (va trovato); Tale principio universale della riflessione equivale alle Idee della Ragione nel loro uso regolativo (=nel dominio della Ragion Pura). Il principio guida, l'a priori, per raggiungere l'universale è la finalità della natura.
Quali modi ho per scoprire il finalismo delle cose?
A. Contemplare la bellezza, ovvero esprimere il giudizio estetico sulle cose; tale giudizio sulla bellezza ha pretesa di universalità, di oggettività e si specifica attraverso tre definizioni:
1. Bello è l'oggetto di un piacere disinteressato;
2. Bello è ciò che piace universalmente, in quanto ha valore per tutti;
3. Bellezza è la forma della finalità di un oggetto e viene percepita senza la rappresentazione di uno scopo.
Il piacere estetico è l'apprensione dell'intelligibilità dell'oggetto attraverso la consapevolezza dell'armonia delle nostre facoltà; è la finalità senza scopo; è il sapere che una cosa ha senso, è cioè intellegibile, senza conoscere di preciso a quale idea essa corrisponde. La finalità delle cose è percepita attraverso il sentimento dell'armonia (= quell'equilibrio- seppur precario- esistente tra intelletto e ragione) fra le nostre facoltà. La bellezza non è altro che il modo in cui l'uomo sente la finalità del reale.
Al piacere estetico è connesso il problema del sublime.
Il sublime è ciò che è assolutamente grande al di là di ogni comparazione; riguarda quindi ciò che è informe, illimitato e, come tale, non può mai darsi nell'esperienza. Il sublime si può solo presentire (pre-sentire: sentire prima la scia senza capire da dove e da chi provenga) di fronte a certi spettacoli naturali che superano il potere della nostra immaginazione; sublime è rovesciare, sulla natura e sulle cose (=sul sensibile), la grandezza assoluta propria del mondo soprasensibile e su di noi in quanto esseri morali.
B. Riflettere sull'ordine della natura tramite i giudizi teleologici per affermare la finalità come principio regolativo. Cosa sia in sé la natura non lo sappiamo, in quanto la consociamo solo fenomenicamente, tuttavia non possiamo fare a meno di considerarla come finalisticamente organizzata.
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